Il Leone d’oro al film più lungo, 226 minuti in bianco e nero: «The woman who left» del regista filippino Lav Diaz. È la storia di una donna che ha...
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Come sempre accade a Venezia, i registi specializzati nel cinema di grande spettacolo, messi a capo della giuria che dovrà assegnare il Leone d'oro, diventano d'improvviso cinefili puri e duri. È accaduto a Spielberg e a Tarantino, tanto per citarne solo un paio, e ieri il meraviglioso autore delle ultime prodezze di James Bond, Sam Mendes, ha confermato la regola non scritta consegnando il Leone d'oro a «The Woman who Left» del filippino Lav Diaz, 226 minuti di bianco e nero a camera fissa sulla storia di una donna incarcerata ingiustamente per trent'anni, una vicenda amara quanto basta liberamente tratta dal racconto breve di Tolstoj «Dio vede quasi tutto, ma aspetta».
Gli spettatori, anche. Leone di lotta e d'impegno, quindi, ritirato «a nome del popolo filippino e della sua battaglia per la libertà», con la speranza per nulla certa di vederlo in sala, prima o poi. Il resto dei premi è stato equamente suddiviso tra quasi tutti i Paesi presenti nella selezione, Italia esclusa. Ma per la verità dei nostri tre film in concorso - il documentario di Parenti e D'Anolfi e le due storie giovaniliste di Roan Johnson e Piccioni - nessuno ha mai parlato come di credibili aspiranti al palmares. In compenso, il cinema americano ritornato in forze sulla Laguna dopo anni di malmostosa latitanza, ha avuto le sue soddisfazioni.
Il Gran Premio della Giuria, secondo per importanza, è andato a «Nocturnal Animals» di Tom Ford, un beniamino del Lido che al Lido aveva già fatto vincere una Coppa per il miglior attore a Colin Firth con il film d'esordio, «A Single Man».
Il Mattino