Il giovane Papa di Orlando: «Tra paternità e fede le mie sfide di attore»

Il giovane Papa di Orlando: «Tra paternità e fede le mie sfide di attore»
Silvio Orlando grande protagonista tra tv e teatro: ieri sera ha debuttato su Sky con «The Young Pope» di Paolo Sorrentino, tra qualche settimana sarà in scena...

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Silvio Orlando grande protagonista tra tv e teatro: ieri sera ha debuttato su Sky con «The Young Pope» di Paolo Sorrentino, tra qualche settimana sarà in scena con «Lacci», il nuovo spettacolo tratto dal romanzo di Domenico Starnone, con la regia di Armando Pugliese (dal 6 all’11 dicembre al Bellini di Napoli). «Sto vivendo un momento felice della mia vita, sia nella carriera, grazie alla serie sul “giovane Papa”, che nel privato, e mi trovo a recitare un testo in cui fare i conti con tanta disperata amarezza, spero ne esca qualcosa di buono», dice l’attore. Nella serie tv Orlando è un bravissimo cardinale Voiello, Segretario di Stato, eminenza grigia del Vaticano e tifoso sfegatato del Napoli: «”The Young Pope” è la storia di un Pontefice che cerca di tenere insieme questo Stato antichissimo, ma pieno di moderni difetti, con risultati alterni» commenta. «Un Papa eletto in maniera improvvida, orfano e che dovrebbe fare il padre del mondo, non potendo avere figli. Una storia che è un insieme di percorsi di solitudine, compresa quella del mio cardinale Voiello, un po’ troppo legato alla sua maniera di gestire il potere, con tutto quel che ciò comporta di confessabile e di inconfessabile». E dunque Sorrentino - aggiunge Orlando - si pone alcune domande: «Dal senso di essere padre al tema della fede, della religione, che è un abito scomodo da indossare. Un discorso sui limiti umani davanti a problemi metafisici.


«Lacci», invece, è stato adattato per la scena dallo stesso Starnone su esplicita richiesta dell’attore, che 25 anni fa fu l’interprete sia dello spettacolo «La scuola» (tratto dai libri «Ex Cattedra» e «Sottobanco», da due anni di nuovo in tournée) sia del film omonimo diretto da Luchetti. «Lo spettacolo in cui recito con mia moglie Maria Laura Rondanini, e di cui siamo anche produttori», spiega Orlando, «è il racconto di una fuga, di un ritorno, dei fallimenti che ci sembrano insuperabili e di quelli che ci fanno compagnia per tutta la vita».


Aldo, il suo personaggio, è un piccolo borghese cresciuto nei claustrofobici anni ‘60, «a cui poi all’improvviso si apre il mondo davanti e ne viene travolto». È un marito fragile, insicuro, senza speciali qualità che abbandona dopo 12 anni di matrimonio la moglie Vanda e i due figli, essendosi innamorato della giovane Lidia, per la quale si trasferisce da Napoli a Roma lasciandosi alle spalle una scia di rabbia e dolore. Poi torna in famiglia, perché all’improvviso capisce qual è il ruolo di padre, che aveva sempre vissuto con superficialità, sopravvivendo in un tran tran quotidiano in cui ognuno cerca piccole e meschine rivincite. «Sua moglie lo ha ripreso in casa», prosegue Silvio Orlando, «ma in fondo non lo ha mai perdonato fino in fondo, incancrenita nel dolore, nella rabbia e alle prese con domande senza risposta. E il risentimento si riverbera nei figli, come un sasso lanciato in uno stagno: la domanda vera è se si possa stare in famiglia senza ipocrisie o se sia inevitabile nascondersi qualcosa l’un l’altro, visti i risultati devastanti della verità».
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Il Mattino