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Nel giorno del film italiano di Saverio Costanzo che racconta gli anni d'oro della Hollywood sul Tevere e il fascino delle dive che hanno fatto grande il cinema italiano uscito dalla guerra, arriva a sorpresa al Lido la più famosa e internazionale delle nostre star, Sophia Loren. Invitata da Giorgio Armani per la sfilata evento di questa sera all'Arsenale, l'attrice due volte premio Oscar è scesa all'imbarcadero dell'hotel Excelsior con il figlio Edoardo e per lei da cerimoniale non sono previsti finora red carpet e altri appuntamenti ufficiali. Oggi, prima della sfilata, incontrerà lo stilista, un amico di lunga data, probabilmente a bordo dello yacht nero di Re Giorgio ormeggiato da giorni sulla riva di fronte all'ingresso dell'Arsenale. Poi chissà.
«Finalmente l'alba», il secondo dei sei film italiani in gara per il Leone d'oro, è un racconto di formazione che si snoda tutto in una notte, all'indomani del tragico ritrovamento del corpo di Wilma Montesi, un'aspirante attrice di soli ventun anni, riverso a faccia in giù sulla spiaggia di Capocotta. Era il 1953, nella morte della donna furono implicati alti nomi della politica e dello spettacolo e l'Italia, scrissero i giornali dell'epoca, dopo quel caso «perse l'innocenza». Dice Costanzo: «Il nostro non è stato mai un paese semplice per le donne, culturalmente proprio, e oggi le cose, purtroppo, non sono cambiate. Il caso Montesi è stato un archetipo e quando si parla di stupri e femminicidi non posso fare a meno di pensare a quelle immagini. E mi sono immaginato che un'aspirante attrice come era stata Wilma avesse quello stesso sogno e da lì è partito tutto il racconto, che incrocia la cronaca, quel caso mediatico, per seguire in parallelo la protagonista Mimosa, simbolo di ingenuità, di purezza, di semplicità che in un giorno e una notte cambia ma senza perdersi e alla fine esce come una leonessa».
Nel film il neorealismo di «Roma città aperta» si incrocia con la grandiosità dei «peplum» con le bighe e le piramidi ricostruite a Cinecittà, con i sogni di gloria di «Bellissima» e le atmosfere da «Dolce vita» fellininiana. Tutto filtrato dallo sguardo di una giovane donna, interpretata dall'esordiente Rebecca Antonaci. «Dopo la grande esperienza dell'Amica geniale sono tornato a confrontarmi con un personaggio femminile, perché sono i più intriganti, divertenti e imprevedibili, quelli con cui mi trovo più a mio agio.
«Finalmente l'alba» è un kolossal da 28 milioni di euro, un budget insolito per un'opera italiana e un cast internazionale con Lily James e Willem Dafoe (assenti), Alba Rohrwacher nei panni di Alida Valli, e poi ancora Sofia Panizzi, Joe Keery, Rachel Sennott e un cameo en travesti di Michele Bravi. Prodotto da Wildside con Rai Cinema (in collaborazione con Fremantle, Cinecittà e Filmnation) sarà in sala con 01 dal 14 dicembre. In tempi di piattaforme e lunga serialità, resiste ancora oggi il sogno del cinema? «Sono una persona del Novecento, per me il cinema è ancora centrale, niente ha più spinta propulsiva delle immagini in una sala buia, guardare i film è un'esperienza formativa, un insegnamento che ci cambia. Non so se per un giovane è ancora così, per i miei figli lo è, e per me una passione focosa».
Nel finale c'è posto anche per una poesia di Pavese, «Passeggiando per piazza di Spagna», e all'inizio per una dedica a Maurizio Costanzo, il padre del regista recentemente scomparso: «È il minimo che potessi fare».
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