Mezza, cantanapoli versione jazz

Vittorio Mezza
C’era anche uno showcase di presentazione di Vittorio Mezza nel programma dell’ultima giornata di «Piano city Napoli»: il jazzista casertano ha presentato...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA FLASH
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
C’era anche uno showcase di presentazione di Vittorio Mezza nel programma dell’ultima giornata di «Piano city Napoli»: il jazzista casertano ha presentato dal vivo, nel pomeriggio alla Feltrinelli, il suo nuovo album, «Napoli jazz songs», pubblicato dalla Abeat.

Come il titolo dice, si tratta di riletture in chiave improvvisativa di classici napoletani, da «Era de maggio» al Pino Daniele di «Quanno chiove». Proprio nella perla del Nero a Metà, come nell’iniziale «Tu vuo’ fa l’americano», Mezza rende meglio, con la preziosa complicità del contrabbasso di George Koller e della batteria di Davide Direnzo: probabilmente più vicino, per gusto, per cultura, per appartenenza generazionale, a canzonieri già contaminati, partenopei e parte...americani, Mezza entra ed esce dagli originali con gusto e tempo anche sorprendente.
Altrove, da «Tammurriata nera» a «Torna a Surriento», il gioco è più scontato, con la tastiera che segue l’esposizione melodica, allontanandosene poco e con sin troppo rispetto. Per trasformare - il potenziale c’è - «Era de maggio» in un vero standard occorre, invece, rivoltarne la linea melodica ed armonica, come il ritmo se occorre, per ritrovarne, alla fine, il senso intrinseco, il tema, il profumo originale. La lezione di Mehldau sul fronte dell’«arte del trio», la sua capacità di attingere al repertorio di Nick Drake e dei Nirvana come un tempo ci si rivolgeva al «great american songbook» potrebbe spingere il pianista ad un ulteriore approfondimento dell’argomento, evitando il rischio delle tarantelle-blues e trovando pedali boogie, scale orientali, azzardi hard bop e divagazioni varie dove Costa & company hanno puntato sul primato della melodia verace. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino