Wayne McGregor, Biennale Danza di Venezia hi-tech: «Si ballerà fra corpi e robot»

“Tom”, di Wilkie Branson, b-boying e animazione digitale
Al debutto venne definito il “cyber coreografo”. E lui, Wayne McGregor, inglese, 51 anni, rispose chiamando la sua compagnia Random, “a caso”,...

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Al debutto venne definito il “cyber coreografo”. E lui, Wayne McGregor, inglese, 51 anni, rispose chiamando la sua compagnia Random, “a caso”, “accidentale”, termine amato dai cybernauti. Non a caso, e sempre con grande attenzione alla tecnologia costruisce una carriera che lo porta alla corte del Royal Ballet, ma anche sul set di Harry Potter e dei video dei Radiohead, nel musical di Webber, Woman in White, al Centre Pompidou per installazioni site specific, alla Scala per regia di Dido and Aeneas di Purcell. E ora alla Biennale, dove il presidente Roberto Cicutto lo ha nominato quest’anno responsabile della sezione danza.

Baryshnikov

Dieci giorni di attività (da domani al primo agosto) con oltre 100 artisti, prime italiane e mondiali tra cui “l’installazione d’arte con film” Not Once che vede riuniti Baryshnikov e Jan Fabre: 4 anni per completare l’opera che domani inaugura la rassegna dedicata al tatto. «Quello umano, che ci è tanto mancato, ma anche quello tecnologico, che si è impossessato della nostra vita. Ho selezionato compagnie interessate ad affrontare questo tema in tutte le sue sfumature, comprese quelle hi-tech. Vedremo corpi ma anche macchine, duetti ibridi, movimenti creati, video, installazioni».

ARGILLA

Un “nudo d’artista” con la basca Iratxe Ansa, un corpo trasfigurato dall’argilla, nell’opera opera estrema di Olivier de Sagazan che vanta oltre 6 milioni di visualizzazioni su Youtube, “danza fuori dalle regole” con Oona Doherty, Leone d’argento di questa edizione e “l’opera di danza cinematografica animata digitalmente”, Tom, di Wilkie Branson, che fonde il linguaggio del b-boying con animazione digitale, projection mapping, fotogrammetria, chroma key capture. E poi Far con i danzatori del College firmato dal curatore che porta anche un’installazione della sua compagnia.

ROYAL BALLET

Animazione, film digitali, architettura in 3D, danzatori virtuali sono i “passi” delle sue creazioni dove maschile e femminile non conta: «Tutta la compagnia studia i passi, poi si sceglie in base all’interpretazione più adatta. Lavoro con persone che non si identificano in un genere. E io non mi lascio confinare». Neanche al Royal Ballet. «La cultura del ballo è cambiata molto. I danzatori, ma in tutto il mondo oggi è così, vogliono nuove sfide». Dal Royal Ballet al cinema e la pubblicità. «Mi piace lavorare con registi creativi interessati alle nuove tecnologie. Mi sono divertito molto a preparare Saoirse Ronan, giovane attrice nominata all’Oscar, in Mary Queen of Scots». E poi il video dei Radiohead, che vola sul web. Tecnologia, ma anche psicologia per approfondire le relazioni tra mente e corpo. «Un argomento “rivoluzionario”», racconta, «visto che siamo circondati da teste che camminano. Le persone si interessano del loro corpo soltanto quando sta male».

INTELLIGENZA ARTIFICIALE

L’intelligenza del corpo e artificiale: tutto in ballo. «Abbiamo creato un sistema di A.I. su google che aiuta a creare movimenti, nello stile dei danzatori ma amplificandone le possibilità. Come succede con i robot». Un creativo digitale che al debutto alla Biennale si è presentato con “tatto”. «La danza è una fabbrica di tatto. E se abbiamo perso quello umano, abbiamo acquisito quello tecnologico».

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Il Mattino