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«Ho chiamato Juan Jesus. Ma ha sempre il telefono spento». Vero o falso, poco importa. Luciano Spalletti, a poche ore dalla partenza per gli Stati Uniti, sbatte contro la rogna Acerbi. Non una matassa facile da districare per il ct dell'Italia. Il brasiliano non è uno qualsiasi: è stato suo fedelissimo all'Inter, alla Roma e al Napoli, dove lo ha voluto dopo due anni quasi da pensionato nella Capitale. L'allenatore della Nazionale prova a tenersi lontano dall'occhio del ciclone, tenta di non prendere posizione. Ma di fatto, lo fa. «Abbiamo la responsabilità di uno sport importantissimo per la nostra nazione. E, visto quello che è venuto fuori, dobbiamo per forza agire, anche avendo da mettere a posto o chiarire delle cose, perché ci sono ancora da chiarire alcune cose. Per quello che mi ha detto Acerbi, non c'è un episodio di razzismo. Ma bisogna stare attenti ai nostri comportamenti, a tutto ciò che facciamo e diciamo». Ecco, in attesa che la Procura federale definisca il procedimento, Francesco Acerbi torna a casa. Ed è fuori dalla Nazionale. Innocente fino a prova contraria, ovvio, ma in un limbo. Spalletti conosce bene Jesus, è uno dei suoi storici pretoriani. Sa che non parlerebbe mai a vanvera, figurarsi dire una bugia. Mai metterebbe in dubbio la sua ricostruzione, ma non può neppure credere che a dire una menzogna sia il suo difensore. «Sono importanti le due ore in campo, ma anche le altre 22 ore quando indossiamo la maglia della Nazionale. È un dispiacere enorme prendere decisioni per questi episodi qui. Bisogna stare attenti anche quando denunciamo un episodio così, se lo subiamo in maniera così clamorosa come è venuto fuori. Siamo tutti dentro questo caso. Acerbi è in difficoltà e per noi lui è importante. Ci dispiace dal punto di vista umano».
La giornata
Spalletti ha capito subito che sarebbe stato un nodo da affrontare: ha parlato prima con Gravina, il presidente della Figc, e poi tutti insieme hanno incontrato Acerbi, appena arrivato a Roma nel ritiro azzurro. C'erano anche i compagni della Nazionale a sentire il racconto del difensore interista. «Non ho mai detto nulla di quello che mi accusano, Juan Jesus ha capito male».
Il legame
Jesus e Spalletti hanno un legame speciale. Quando, ad aprile di un anno fa, il brasiliano rinnovò con De Laurentiis, sembrava un gesto di distensione nei confronti del tecnico: la conferma del suo pretoriano. Dopo lo scudetto, proprio Jesus aveva dedicato un lungo post: «Il mio grazie arriva da lontano. Anni fa non vestivamo ancora questa maglia ma proprio a Napoli me lo urlasti a fine partita. Lo abbiamo desiderato per tanto tempo lo scudetto, ci siamo allontanati e ritrovati. Alla fine ce l'abbiamo fatta proprio in questo stadio, insieme con la maglia del Napoli. Non potevamo sognarlo più bello. Era tutto scritto. Grazie Mister!». Nessuno credeva più in lui: arrivò svincolato a Ferragosto del 2021. «Mister Spalletti è uno che mi ha aiutato tanto, mi ha voluto lui anche all'Inter. Poi mi ha voluto tantissimo a Roma. Con il mister abbiamo fatto due anni bellissimi e lui mi ha dato anche l'opportunità di Napoli. Senza di lui non sarei qui. Ancora non ho capito perché mi ha voluto, senza un ma e senza un perché, non giocando per due anni a Roma. Il mister mi ha dato un'opportunità quando nessuno credeva più in me e io gli ho risposto credo in modo efficace. Ringrazierò sempre Spalletti per l'opportunità che mi ha dato e che nessuno mi voleva dare». Spalletti e Jesus si parleranno, ammesso che non lo abbiano già fatto. Intanto avverte i suoi azzurri: «Chi vuole sputtanare il tempo non viene in Nazionale». Leggi l'articolo completo suIl Mattino