Benfica-Napoli, il capitano Hamsik: «Vedrete il vero volto del Napoli»

Se proprio anatema c'è, meglio che Bela Guttmann e la sua maledizione scendano in campo fin da stasera per togliersi il pensiero e fermare qui, nella fase a gironi, la...

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Se proprio anatema c'è, meglio che Bela Guttmann e la sua maledizione scendano in campo fin da stasera per togliersi il pensiero e fermare qui, nella fase a gironi, la corsa del Benfica verso la Champions. Ma sì, siamo a Lisbona mica a Napoli: eppure la maledizione terrorizza i portoghesi più del Napoli, di Callejon e di tutto il resto. Hamsik, il capitano, sa di essere davanti a un bivio.


Lui è una specie di Highlander: c'era anche nel 2008, quando il Benfica eliminò gli azzurri dalla Coppa Uefa. Un sopravvissuto. Della profezia dell'ebreo ungherese naturalizzato austriaco a metà degli anni 20, poco gli importa anche se da queste parti ha il suo peso. «Per noi è una finale. E questo significa che ognuno di noi dovrà dare il massimo. Senza avere neppure un secondo di esitazione, senza neppure per un istante perdere la concentrazione». D'altronde non siamo nel 2062, ma nel 2016 quindi praticamente a metà strada da quando Guttmann lanciò la sua bestemmia.

«Per i prossimi cento anni il Benfica non vincerà mai una coppa europea», disse. Neppure il papà di Hamsik era ancora nato. Ci hanno provato con qualsiasi esorcismo a fermare quel malocchio. Inutile. Persino Eusebio, prima della finale del 90 con il Milan, andò sulla sua tomba per pregarlo di lasciar perdere. Niente da fare. Ad Amsterdam, la sera del 2 maggio del 1962, Puskas firma la tripletta più inutile della sua carriera perché alla fine il suo Real Madrid perde 5-3 con il Benfica. Hamsik è sereno.

«Non possiamo pensare che ci basta un pareggio per passare il turno e neppure giocare per controllare i nostri avversari. Non possiamo pensare soltanto a difenderci, ma dobbiamo fare il calcio che sappiamo fare e che abbiamo mostrato con l'Inter». Guttmann è il tecnico all'apice della sua carriera, ma il club non vuole concedergli il premio per aver vinto quello storico trofeo. Se ne andrà infuriato, indignato ma non prima di aver lanciato quella frase che ancor oggi fa rabbrividire i tifosi della Aquile. Iattura, iella. Profezia. Una vendetta postuma.

«Noi eliminati dal Benfica? Io a questa ipotesi neppure penso. Il nostro è un pensiero diverso, passare il turno: non abbiamo nulla meno del Benfica per riuscirvi, abbiamo esperienza, siamo maturi per affrontare questo genere di incontri». Il Benfica è leggenda, fascino, tradizione. E il Napoli non ha nella sua natura lo speculare per il pareggino. «Conosciamo i loro punti deboli, sappiamo che sulle palle ferme si può decidere la gara. La vivremo come una finale. E le finali si giocano per vincere». È una Lisbona caldissima che accompagna il destino europeo degli azzurri. Hamsik avverte: giocheremo senza paura, perché «quello che conta davvero è il nostro atteggiamento». 


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