Bob, la battaglia di Kaillie rimasta senza patria

Bob, la battaglia di Kaillie rimasta senza patria
Kaillie Humphries è abituata a gareggiare contro il tempo, ed è diventata così eccezionalmente brava da non avere rivali su una pista ghiacciata. Alle...

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Kaillie Humphries è abituata a gareggiare contro il tempo, ed è diventata così eccezionalmente brava da non avere rivali su una pista ghiacciata. Alle Olimpiadi invernali del 2010 e del 2014 ha vinto due medaglie d’oro per il Canada nel bob a due femminile. Alle Olimpiadi del 2018 ha conquistato il bronzo. Nel suo palmares, inoltre, ci sono pure 4 Coppe del mondo. Insomma, Kaillie è una fuoriclasse. È anche campionessa del mondo in carica nell’evento a due e nel monobob, una gara in solitaria che farà il suo debutto proprio alle Olimpiadi invernali il prossimo febbraio a Pechino. Mancano esattamente 100 giorni al via dei Giochi di Pechino 2022 e Kaillie Humphries sta affrontando un’altra corsa contro il tempo, ma non su una pista. E se non la vince, la miglior pilota di bob femminile della storia potrebbe guardare le Olimpiadi da lontano.

Dopo aver rivelato di aver sofferto di depressione causata dagli effetti degli abusi verbali ed emotivi subiti dall’allenatore Todd Hays, vicenda per cui i funzionari della federazione di bob canadese – secondo Humphries - avrebbero fatto finta di nulla, Kaillie ha deciso di cambiare e di gareggiare per gli Stati Uniti. Si è trasferita a Carlsbad, in California, per allenarsi e vivere con suo marito, l’ex bobbista americano Travis Armbruster. Kaillie Humphries ha infatti rappresentato gli Stati Uniti nelle ultime due stagioni e, per questo, ha fatto richiesta per la cittadinanza statunitense, il requisito per poter competere per il Team USA a Pechino 2022. Al momento, lei possiede una carta verde come residente permanente fino al 2023. Non basta però per far parte della squadra olimpica: le serve necessariamente un passaporto americano entro i primi di gennaio. Lo avrà? Non dipende da me - racconta -, ho fatto tutto quello che mi è stato detto di fare. Ora mi trovo in un limbo. Devo solo avere fede in Dio e nel sistema».

I ritardi legati al Covid hanno rallentato il processo. Per questo, si sono già mossi la Federazione di Bob e il Comitato Olimpico Usa, mentre il suo avvocato canadese, Jeff Rath, sulla questione ha spiegato: «Non ha avuto altra scelta che lasciare il Canada perché la federazione canadese non ha preso sul serio le sue lamentele o preoccupazioni. Su questa base, per quanto mi riguarda, lei è da considerarsi effettivamente una rifugiata». 

Nel frattempo, la stranissima apolide Humphries si allena, aspetta e spera. Le gare di Coppa del mondo, che mettono in palio i punti per la qualificazione olimpica, inizieranno a novembre e lei confida di essere fuori dal limbo per allora. Non rimpiange il passaggio di fedeltà agli Stati Uniti, anche se questo potrebbe impedirle di prendere parte ai Giochi olimpici. Pur di vederla in gara, pensate, la Cina le ha proposto un passaporto veloce come soluzione al problema, ma lei ha declinato. Sulla vicenda di presunti abusi, invece, c’è in corso un arbitrato per stabilire la verità su come sono andate le cose. Kaillie spera che altri atleti possano ribellarsi agli abusi e alle pressioni psicologiche di certi allenatori e dirigenti. «Non possiamo smettere di provare a fare la cosa giusta. Non posso avere paura di non alzarmi e fare reclamo se questo influisce sulla mia sicurezza, sulla carriera e sulla mia vita. È così che avviene il cambiamento, alzandosi in piedi, essendo abbastanza coraggiosi da intraprendere quelle battaglie e dire, “Questo non è giusto”».

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Il Mattino