Perdere peso non è più un'ossessione per lui. «Ho messo su sei chili. Massa magra, non ho esagerato a tavola», sorride Clemente Russo, il Tatanka di...
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Cominciò nel 2004 ad Atene, oltre dieci chili fa.
«Ne pesavo 81, la prima bellissima esperienza. Poi Pechino, Londra e Rio de Janeiro. Tra la soddisfazione delle medaglie conquistate nel 2008 e nel 2012 e l'amarezza per l'eliminazione di due anni fa che non meritavo. Ma la mia forza non è solo combattere: è anche saper guardare avanti».
Perché la decisione di cambiare peso dopo quattro Olimpiadi, cinque Mondiali e tre Europei?
«Per regalarmi il record di cinque partecipazioni ai Giochi. L'ennesima sfida con me stesso. Ad Atene ero nella categoria dei mediomassimi, a Rio in quella dei massimi leggeri e ora faccio questo salto perché sul ring nessuno ha la mia esperienza ma ho perso millesimi in velocità e ne devo tenere conto, se voglio aspirare a un traguardo storico. Nelle qualificazioni che inizieranno tra due mesi troverò sul ring anche pugili più pesanti di 20 chili rispetto a me, però questo non mi preoccupa. Avevo cambiato categoria anche per partecipare ai Giochi di Londra ed era andata bene. Vediamo cosa accadrà».
Finalmente niente più restrizioni a tavola.
«Fino a un certo punto. C'è qualche privazione sotto l'aspetto nutrizionale, non delle quantità. Sarò un pugile atipico per la mia nuova categoria, che poi tanto nuova non è perché sette anni fa vinsi il Mondiale nei +91 kg. Lavorerò molto sulle gambe, è chiaro che non posso completamente modificare quella che è stata finora la mia indole».
Nel 2020, Giochi di Tokio, avrà 38 anni: troppi?
«No, affatto. Il pugilato è una questione di testa, oltre che di severi allenamenti e io sotto questo aspetto penso di aver dato risposte significative con due ori mondiali e due argenti olimpici. A fine agosto ho ricordato sui miei social la prima medaglia conquistata ai Giochi, quelli del 2008 a Pechino. A distanza di tempo posso dirlo: non pensavo di trovarmi ancora qui, ad allenarmi come un giovanissimo alle prime armi e a lottare come un bisonte esperto per un'altra qualificazione olimpica e l'ossessione di vincere quella maledetta medaglia d'oro».
Maledetto oro: un vero tormento quel gradino più alto del podio?
«Lotto per realizzare un sogno fin dal primo match della mia vita. E continuo a coltivarlo, sapendo che nessuno mi regalerà niente. I nomi e i titoli non contano, soprattutto quando fai un salto come quello che ho deciso di compiere io mettendo tanto da parte».
Lei è un personaggio anche fuori dal ring: altri show e altri film in programma?
«Mi sono fermato, per ora voglio dedicarmi alla famiglia e concentrarmi sugli allenamenti aspettando che comincino le qualificazioni per le Olimpiadi. Sono queste le priorità».
Intanto, si è dato al vino.
«Ma quello non c'entra con la dieta... Ho firmato tre etichette di una cantina del Salento. È una linea di prodotti dedicata ai campioni: ci siamo io, Buffon e Ronaldinho». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino