Napoli, la crisi che parte da lontano: via i leader dopo l'addio di Sarri

Napoli, la crisi che parte da lontano: via i leader dopo l'addio di Sarri
La crisi del Napoli non comincia con le cinque sconfitte nelle ultime dieci giornate di campionato, dal ko in Supercoppa e dall’eliminazione in Coppa Italia. Parte da...

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La crisi del Napoli non comincia con le cinque sconfitte nelle ultime dieci giornate di campionato, dal ko in Supercoppa e dall’eliminazione in Coppa Italia. Parte da lontano, dalla primavera 2018, quando Sarri venne congedato dopo il più bel periodo calcistico che si ricordi nel post Maradona. È originata, questa scadente fase, da un rinnovamento che non c’è stato perché dal palcoscenico di Fuorigrotta sono scesi giocatori di qualità e personalità - Reina, Jorginho, Hamsik, Albiol e Allan - e chi è arrivato ha deluso le attese. Il giudizio su mister 80 milioni Osimhen è ovviamente sospeso perché è rimasto a lungo fermo a causa dell’infortunio alla spalla. C’è stata una sola operazione da grande club, l’acquisto di Lozano, i cui frutti si sono visti dopo un anno e grazie al lavoro che ha fatto Gattuso sul messicano. Il mercato milionario dell’inverno 2020 ha portato l’alternativa al Chucky, Politano, che sta recitando bene la sua parte, avendo segnato in questa stagione 9 reti. Tutto qui.

L’assenza di leader della difesa come Reina e Albiol si è avvertita. Il portiere avrebbe dovuto essere sostituito dal 2018 da Meret, che è poi diventato la riserva di Ospina. Tra i centrali non c’è attualmente uno che abbia la capacità di guidare il reparto come l’ex Real. Albiol aveva favorito la crescita di Koulibaly, attualmente fuori per Covid. L’assenza di Kalidou ha inciso sugli sbandamenti nelle partite di Genova e Bergamo, ma nelle azioni della doppietta di Pandev e dei gol di Zapata e Pessina sono stati commessi gravissimi errori di concentrazione e posizionamento da parte di giocatori di esperienza come Manolas, Maksimovic, Hysaj, che continua ad alternarsi a Di Lorenzo e Rui sulle due fasce perché il problema di un mancino di vera qualità è irrisolto dal 2017, l’anno in cui si infortunò Ghoulam, uno dei migliori esterni d’Europa. Il presidente De Laurentiis, presente in tutte le operazioni di mercato, e il direttore sportivo Giuntoli non hanno coperto questo buco nelle ultime due sessioni e non sono andati al di là di un sondaggio per Emerson Palmieri, a cui il ct Mancini aveva suggerito di tornare in serie A per prepararsi al Mondiale. Non si dimentichi che nella rosa dei difensori vi sono due giocatori, Maksimovic e Hysaj, da tempo al corrente che i loro contratti non verranno rinnovati. E questo sull’aspetto psicologico deve avere influito. Si tratta, peraltro, di una realtà con la quale dovranno confrontarsi spesso calciatori e procuratori perché i club non riusciranno ad assicurare sempre gli attesi rinnovi a causa dei danni economici provocati dalla pandemia.

Le numerose indisponibilità per problemi fisici - da Osimhen ai difensori - condizionano l’opera di Gattuso ma era prevedibile che un tecnico dovesse affrontare il problema di giocatori contagiati o infortunati nella stagione in cui vi sono impegni a distanza ravvicinata. La rosa si è dimostrata incompleta e non omogenea. Tuttavia è dall’inizio del campionato che il Napoli procede tra alti e bassi, esibendo spesso le sue fragilità difensive e le sue difficoltà a concretizzare le palle gol. Sono difetti sui quali Gattuso non è riuscito ad intervenire anche perché il 4-2-3-1 espone a rischi se non c’è sacrificio. Nel Napoli, tornato al 4-3-3 dopo la sconfitta a Verona, sono emersi i limiti dei centrocampisti: Fabian è rimasto una bella promessa (ma davvero ci sono i top club della Liga sulle sue tracce?) e ha perso il posto, proprio come Bakayoko, che difficilmente verrà riscattato dopo questa stagione mediocre. Zielinski è l’immagine del Napoli: in alcune partite fa gol da campione, come quelli al Cagliari, e in altre - troppe - sparisce. Demme ha pagato con un infortunio il maggiore utilizzo, mentre Lobotka, lo slovacco dal fisico appesantito, non è certamente un giocatore dal valore di 20 milioni. D’altra parte, in estate l’obiettivo di De Laurentiis e Giuntoli era Veretout, che la Roma non ha ceduto perché lo considera il pilastro del centrocampo.

La zona Champions è distante tre punti. Sembrano pochi ma non lo sono per una squadra così «schizofrenica» - l’aggettivo è di Gattuso - che ha avuto soltanto a inizio campionato una mini serie di vittorie, quattro. Poi è andata avanti a strappi, arrivando fino alle cinque sconfitte nelle ultime dieci partite, oltre alle cadute nelle coppe nazionali. La speranza di Gattuso, in vista degli “spareggi” per la Champions contro Juve e Atalanta, è che Osimhen torni a inquadrare la porta perché il Napoli non può reggersi sulle reti di Politano e Lozano. Insigne non ha trovato più il gol dopo il rigore sbagliato in Supercoppa. Il capitano si mette al servizio della squadra, facendo perfino il terzino e perdendone in lucidità e freschezza, ma in questa fase deve tirare fuori la personalità che serve per compattare la squadra ed evitare che vada alla deriva. Si aspetta il rientro di Mertens, sulla cui gestione il Napoli dovrebbe interrogarsi: ha giocato una manciata di minuti e poi ha deciso di tornare in Belgio per curarsi. In questa stagione aveva fatto la sottopunta per lasciare il posto a Osimhen e, quando il nigeriano si è infortunato, non è riuscito a proporsi ai suoi livelli in termini di gol e prestazioni (5 reti in 21 gare). È stato Gattuso a volere fortemente il rinnovo biennale per Dries e si augura che presto la bandiera torni a sventolare. Senza se, senza ma, senza equivoci.

Il clima che si è creato dopo la sconfitta a Verona, con un’aria pesante nei confronti di Gattuso, ha inciso sugli azzurri. Eppure, De Laurentiis - presidente dell’unico club con un bilancio solido - era andato in ritiro per rassicurare i giocatori sulla posizione del tecnico e sul pagamento degli stipendi. Le voci sono state alimentate non solo da un giro di telefonate che il presidente farebbe periodicamente con alcuni tecnici, ma anche da quel contratto per il rinnovo di Rino fino al 2023 rimasto sulla scrivania della Filmauro. È come se il Napoli avesse smarrito la bussola negli ultimi due mesi e questa incertezza nel rapporto tra De Laurentiis e Gattuso ha pesato. Non deve essere un alibi, ma le storie delle ultime due settimane hanno generato ansie anche in uomo di calcio scafato come Rino. Ha sempre detto di non dare peso ai contratti firmati, tuttavia si è insospettito per quello che è rimasto in un cassetto anche se tutto sembrava essere stato definito e ha cominciato a pensare che il suo futuro non potesse andare oltre questa stagione, in cui è rimasto un vero obiettivo: la qualificazione Champions. È ancora raggiungibile con una squadra che ha perso vigore ed entusiasmo, con un allenatore che non riesce ad individuare la strada giusta per la svolta?

C’è un clima da fine stagione che non si addice al Napoli che deve recuperare non la Grande bellezza - quella resta un caro ricordo - ma il furore agonistico per uscire dal tunnel, con il supporto che deve dare la società e non può offrire la tifoseria. De Laurentiis potrà poi decidere su Gattuso e il direttore sportivo Giuntoli, che ricorda di avere un ricco contratto per altre tre stagioni, mentre si amplia l’elenco dei loro possibili sostituti, dal tecnico Spalletti ancora per un po’ sotto contratto con l’Inter al dirigente Petrachi che ruppe con la Roma. 

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Il Mattino