La Lunga Marcia verso il titolo cinese ha ostacoli più bassi della Grande Muraglia per Fabio Cannavaro. Però, una prima soddisfazione se l'è già...
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Fabio ha una gran fetta di iniziare ad aprire la bacheca di successi come allenatore: in quella da calciatore, ha messo tante cose. Da tecnico, meno di quello che merita il suo gioco e le sue idee di calcio. E il suo coraggio. E allora nel mirino adesso c'è anche la Champions asiatica: il 28 agosto Cannavaro e i suoi prodi affrontano i giapponesi del Kashima nei quarti di finale in una rincorsa che può riservare grande sorprese. Ha voglia di fare il double il capitano, l'uomo che alzò la coppa del mondo nel cielo di Berlino. Nella suite dove vive a Canton, lavora anche fino alle 3 del mattino: costringendo anche i suoi collaboratori (tra questi il fratello Paolo) ad adeguarsi ai suoi ritmi. Il record cinese e il primato nella Super League non nascono per caso, ma sono il frutto di un lavoro certosino e ossessivo. Proprio perché ha nella testa solo «vincere» col Guangzhou, ha persino detto di no alla panchina della Cina, offerta a furor di popolo, per non distrarsi dall'obiettivo del suo club. Fabio non stacca mai la spina ed è lì a studiare avversari, a rivedere allenamenti e partite. Senza interruzioni. E neppure stavolta che il campionato ha una piccola pausa, si concederà di tirare il fiato: nella capitale della provincia del Guangdong, quasi 13 milioni di abitanti, continuerà a studiare gli avversari che verranno, a cominciare dai nipponici.
Magari il calcio europeo gli manca, e magari prima o poi dirà di sì alle tante offerte che gli arrivano dal Vecchio continente, ma l'incontro di civiltà lo ha reso ancora più forte. «A me la cucina cinese piace pure, e qui ho provato di tutto: nello staff c'è un cuoco italiano che si occupa anche dell'alimentazione della squadra. Certo, allo chef ogni tanto diciamo anche di cucinare italiano». Libai è il suo interprete. Perché anche se Fabio è in Cina da 7 anni, non è semplice parlare il cantonese. Non si stacca mai da lui: ma ha creato una specie di mostro, perché più che italiano ormai il suo traduttore parla napoletano. Lo hanno chiamato nel club più vincente degli ultimi anni in Cina per dare una svolta, dopo le stagioni nella mani di Lippi, ora ct della nazionale: lo scorso anno doveva essere una stagione di transizione e così è stato. Ora però è arrivato il momento di alzare un trofeo al cielo e questo sembra davvero l'anno giusto per vincere il campionato cinese (dopo aver vinto il campionato degli Emirati Arabi Uniti nel 2012 con l'Al Ahli ma da vice allenatore). Non sarebbe il coronamento di una luna avventura iniziata 7 anni fa, dopo il corso di Coverciano, ma solo una tappa intermedia di una carriera in cui il napoletano deve ancora togliersi tante gioie. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino