Il Napoli esporta subito la sua Grande Bellezza anche al Mondiale. «Sensational goal» ha immediatamente twittato Gary Lineker, uno che di reti se ne intende. Che...
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Il Belgio non è solo Mertens, ma ormai non c’è Belgio senza Mertens. A diventare titolare indiscusso della nazionale non è Dries, ma Ciro Mertens. Perché senza Sarri, senza i suoi insegnamenti, senza l’esperienza formativa nel ruolo per lui anomalo di centravanti, senza i progressi nel modo di stare in campo e nei tempi di gioco, senza la fiducia che lo ha portato a garantirsi una superiore continuità di rendimento, probabilmente Mertens non sarebbe riuscito a diventare insostituibile e addirittura da ieri a scrivere una piccola pagina di storia calcistica del suo Paese. Per quel che conta, è infatti diventato il primo giocatore del Belgio a segnare in due Mondiali differenti dai tempi di Wilmots (1998 e 2002).
Mertens ha aperto e chiuso la partita. Un minuto di fuoco intorno al 6’ del primo tempo: assist per Carrasco che ha tirato in bocca al portiere, tiro improvviso deviato in angolo con una parata non semplice, contrasto in area sul quale ha reclamato un rigore che non c’era e altro tentativo al volo su punizione laterale, uscito di poco. La magia, la rete scacciapensieri che ha spianato la strada al Belgio, è arrivata dopo meno di due minuti di ripresa. Poi è stato tutto facile. «Eravamo un po’ bloccati all’inizio – ha spiegato – c’era una gran voglia di giocare questa prima partita. Dopo un mese di preparazione... E invece eravamo come bloccati, forse lo stress, chissà… Per fortuna ho segnato, ora sarà tutto meno complicato».
Mertens si è dovuto applicare in posizioni di campo che non gli sono più tanto congeniali. Il ct Martinez, molto contestato alla vigilia per la mancata convocazione di Nainggolan, in realtà escluso per ragioni comportamentali più che tattiche, in questi due anni ha trasformato il Belgio profondamente. Pensate che la rinascita del calcio di Bruxelles, nell’ultimo decennio, si era basata su un sistema di settori giovanili, dove tutti i ragazzi, secondo il modello del Barcellona, venivano addestrati a un unico sistema di gioco, il 4-3-3. Ebbene, Martinez ha rotto il fronte, presentando a questo Mondiale una squadra diversa: un 3-4-2-1, con Mertens e Hazard – l’altro fuoriclasse belga, salito in cattedra ieri dopo il gol rompighiaccio di Dries – in continuo movimento alle spalle di Lukaku, aperti sulle ali, ma pronti a stringere e anche a scambiarsi le posizioni sui lati destro e sinistro dell’attacco. Non sempre il nuovo Belgio è sembrato convincente. È rimasta la sensazione che la difesa a tre possa talvolta lasciare scoperte le fasce, soprattutto a sinistra, dove Carrasco non sempre riesce ad aiutare i compagni. Ma Panama, debuttante ai Mondiali con una squadra “vecchia”, un premio agli eroi della qualificazione che giocano insieme da 15 anni, era un avversario troppo fragile per capire quale sia il reale spessore dei Diavoli Rossi. Resta il fatto, che sbloccata la partita da “Ciro”, è stato spettacolo. Ispirato da De Bruyne e da Hazard, Lukaku ha smesso di fare a botte con il suo marcatore e si è impegnato a fare quel che fa meglio di ogni altra cosa: i gol. Il cammino del Belgio pare costruito apposta per consentirne una crescita graduale: dopo Panama, la Tunisia e quindi l’Inghilterra, probabilmente a qualificazione già conquistata. Mertens ha detto che si aspetta di segnare altri gol: «Possiamo tutti fare di più». C’è tempo per tornare a Napoli. Dove vuole restare a tuti i costi. Per fortuna del Napoli. Ma anche sua. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino