Verrebbe da dire il vecchio e il bambino. Che certamente non si prenderanno per mano. Ma andranno incontro allo stesso destino, che è quello di voler vincere. Perché...
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Due tipi differenti, a loro modo personaggi, due modi diversi di stare tra i pali, soprattutto due scuole di pensiero che restano all’avanguardia nel calcio europeo: il portiere made in Italy e quello spagnolo. Pepe che sognava il Real Madrid mentre faceva la trafila e si affezionava al Barcellona, poi venne il Villareal prima del Liverpool, il Napoli e il Bayern Monaco. Gigio nelle scuole calcio di Castellammare fino a quattordici anni prima di fare la valigia e partire, destinazione Milano, l’ennesimo talento costretto a sbocciare lontano da Napoli.
Il milanista ha più fisico, da un anno sta scoprendo la bellezza di un mondo che Reina si è in parte messo alle spalle. C’è il suo zampino nella Supercoppa di Doha, strappata alla Juventus dopo aver parato un rigore (il terzo in questa stagione) nientemeno che a Dybala. Reina è stato campione d’Europa e del mondo con la sua Spagna, alla quale resta aggrappato sia pure come dodicesimo. Mentre Donnarumma fa il conto alla rovescia: la Nazionale è un discorso di panchina pure per lui. Ma è questione di mesi, al massimo di un anno, perché nel ruolo di Buffon sarà lui a rappresentare la Nazionale azzurra del futuro.
Bravo tra i pali, anche se gli esperti del settore notano più di un difetto da correggere a livello di posizionamento, il numero uno rossonero fa valere il fisico nelle uscite. Se la cava con i piedi ma possiede quello che ogni grande portiere dovrebbe avere: self control, la capacità cioè di restare tranquillo e concentrato durante la partita. Per sè e per i compagni di reparto. «Non è vero che un portiere deve essere pazzo. Può essere estroverso nel modo di parare, che non significa essere pazzi. Quello che conta più di ogni altra cosa è la serenità»: parole del saggio Zoff, il monumento del calcio italiano, uno che s’intende parecchio di numero uno.
Reina ha doti innate a livello di palleggio, in effetti è il primo regista della squadra, quello che fa nascere quasi tutte le azioni. Posizionato sempre in maniera ottimale, impeccabile nelle uscite uno contro uno, capo carismatico dello spogliatoio, sa trasmettere sul rettangolo verde il feeling intenso con la città. Il leader del Napoli, il capitano fuori dal campo, indiscusso trascinatore. Passerà attraverso il suo rinnovato entusiasmo di blindare la difesa, la voglia matta degli azzurri che sanno di dover modificare qualcosa in difesa. È lì che si vincono gli scudetti e il Milan di Donnarumma dirà se il Napoli può ancora sognare.
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Il Mattino