Hamsik giura amore al Napoli «Da qui non mi muovo»

Hamsik giura amore al Napoli «Da qui non mi muovo»
Il capitano del Napoli Marek Hamik giura ancora una volta fedeltà agli azzurri e lo fa sulle pagine di So Foot, in una bella intervista. «Non ho neppure bisogno di...

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Il capitano del Napoli Marek Hamik giura ancora una volta fedeltà agli azzurri e lo fa sulle pagine di So Foot, in una bella intervista. «Non ho neppure bisogno di una clausola liberatoria: da qui non mi muovo». 


«Anch’io — spiega Marekiaro — avrei potuto andarmene. Cinque anni fa mi voleva il Milan. L’anno scorso, la Juventus. Alla fine non è successo niente perché ho sentito davvero la fiducia di allenatore e presidente che volevano che restassi. Lo prova il fatto che non c’è nessuna clausola liberatoria perché né io né il presidente ne abbiamo bisogno. Qui a Napoli la gente mi vuole troppo bene, non potrei andarmene». 

«Non li giudico e li capisco. Ma per me sarebbe ancora più bello vincere anche solo un grande trofeo con il Napoli che dieci con un’altra squadra. Allora, spero di vincerlo un giorno. Chiedetelo ai napoletani se non sono un grande giocatore. Sono fiero di ciò che ho fatto e di quello che farò. Sono troppo legato a questa città per vedere le cose diversamente (…), qui c’è un atmosfera unica».

«Sono un tipo riservato, tranquillo, come lo siamo in Slovacchia, precisi, rigorosi, ordinati. Sarò sempre più slovacco che napoletano. I napoletani per esempio non arrivano mai puntuali, ma quando arrivano sono allegri. Ma anch’io suono il clacson per niente". Anche se, ormai, Napoli e Castel Volturno sono parte di lui: "È una città a parte in Italia, strana, ma soprattutto bella. E Castel Volturno è una città tranquilla per un tipo tranquillo come me».

«Sono come una droga. Il primo me lo feci a Bratislava, poi Paolo Cannavaro mi ha presentato il suo tatuatore Enzo Brandi e non mi sono più fermato. Ne ho su tutto il corpo (…) La cresta ce l’ho da sempre. È un simbolo, fa parte di me, come i tatuaggi. Ma non sono un punk».

«Appena arrivati i tifosi mi fecero subito capire che il calcio veniva prima di tutto. A Brescia giocavo davanti a 2-3 mila persone. A Napoli ce n’erano altrettanti solo per la presentazione. Con me c’era Lavezzi, un piccoletto, con i capelli lunghi, vestito male. Oggi invece ha molto stile. È un personaggio straordinario, ottimista, positivo, ma in campo un guerriero».


«Però Maradona resterà sempre il numero uno. Arrivare dopo di lui non è così male. E se vincessi qualcosa con il Napoli, potrei avvicinarmi un altro po'». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino