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Domenica prossima i soci del F.C. Barcelona eleggeranno il quarantunesimo presidente del club, carica rimasta vacante dalla fine dello scorso ottobre, quando Josep María Bartomeu fu costretto a dimettersi per evitare il voto sulla mozione di sfiducia che era stato richiesto contro di lui da oltre 20.000 soci. Gli elettori - 143.500 soci, il 93% residenti in Catalogna, per tre quarti uomini con età media sessant’anni – voteranno nei seggi disposti a Barcellona, Girona, Lleida, Tarragona, Tortosa e Andorra, scegliendo tra tre candidati: Joan Laporta, Víctor Font e Antoni Freixa. Le elezioni, inizialmente previste per lo scorso 24 gennaio, sono state rinviate causa pandemia, per consentire l’attivazione del voto per posta ordinaria da affiancare a quello presenziale e sono stati 23.000 soci ad aver fatto ricorso a questa modalità di votazione. E poiché il Barça è més que un club il voto per l’elezione del suo presidente è un avvenimento che va molto oltre il mondo dello sport.
Tra i tre candidati, Joan Laporta è quello più conosciuto e il favorito nella competizione elettorale.
Il quarantottenne Víctor Font è invece il meno conosciuto tra i tre candidati. Imprenditore del mondo delle telecomunicazioni, vuole cambiare l’approccio tradizionale del Barça, facendosi accompagnare da imprenditori nel campo delle start-up alla ricerca di nuovi ingressi economici. Font, che ha per slogan del suo programma “Sì al futuro”, è stato uno dei promotori della mozione contro Bartomeu. Per trattenere Messi punta a far tornare dal Qatar Xavi Hernández. Antoni Freixa è un avvocato di 52 anni, veterano di lungo corso per aver fatto parte delle giunte direttive del club sotto le presidenze di Laporta, Rosell e Bartomeu. Già presente nelle elezioni del 2015, si propone come candidato con minime possibilità di successo, perché la partita si gioca tutta tra Laporta e Font.
La sfida per un club come il Barça che voglia essere competitivo nel secolo XXI è nella ricerca dell’equilibrio tra la dimensione locale e quella internazionale, senza perciò smarrire i valori che gli diedero vita 122 anni fa. E questa passa, per i tre candidati, per la riconferma del modello di esclusiva proprietà dei soci. Non quindi per il sostegno di monarchie del Golfo Persico, come nel caso del Psg o del Manchester City. Ma neppure ancora per il modello tipo Bayern, dove il 75% delle azioni appartiene ai soci e il 25% restante è proprietà di tre multinazionali tedesche. Almeno, nessuno dei tre candidati è in condizione di avanzare cambiamenti così profondi per domenica prossima, tutti confidano nella tenuta finanziaria del club, nonostante la grave crisi debitoria dovuta agli ingaggi troppo elevati e l’enorme crescita salariale cui si è aggiunta la pandemia a ridurre le entrate. Ognuno ha una sua ricetta per farvi fronte, attraverso una «forte leadership» (Laporta), l’applicazione di «un piano choc» (Font), o un Barça «libero da interessi politici» (Freixa).
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