Così il ragazzo col numero dieci ha finalmente brillato. Per un solo tempo, però. Il primo. Ma non ha segnato, questo è un bel problema per un attaccante che...
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Insigne non è l'Italia. E non è neanche il Napoli. Ma è certo che ogni squadra in cui gioca ha capito che occorre finalizzare i propri schemi su di lui. Ecco, contro il Portogallo nessuno ha inciso più di Lorenzo per maturità e geometria. Non è una notte come un'altra, non può esserla: c'è voglia di rivalsa, un anno dopo quell'esclusione con la Svezia che per tutti è alla base della clamorosa eliminazione. Lorenzo strappa applausi a quei tifosi che tirano un sospiro di sollievo: abituati a vederlo sempre con la maglia del Napoli, finalmente possono godere per le sue gesta. E mostra il suo talento smisurato: passaggi filtranti per Immobile, un paio di tiri insidiosi, un vertiginoso tacco a seguire, che era il gesto preferito negli anni 80 da Bruno Giordano, accelerazioni, sprint, tocchi di prima: ecco, Mancini non pensa affatto di passare nella categoria a cui appartiene Ventura, ovvero quello degli autolesionisti e dunque sapendo di avere Insigne in queste condizioni lo lascia fare. E lui non tradisce: corre, detta i tempi, fa sì che tutti gli attaccanti pendano dalle sue labbra. Peccato duri solo per un tempo. Quando poi, Insigne taglia il campo e Barella non riesce a controllare il traversone, si capisce come con Callejon esista un feeling che di certo non può crearsi in pochi allenamenti a Coverciano.
A vederlo così, ovvio, Ventura aveva torto. Torto marcio. La sua prestazione è legata a una intuizione di Mancini, ovvero imitare Ancelotti. È anche una questione tattica: se con Carlo gioca in attacco e stop, ovvero dove gli piace di più, perché cambiare le cose? D'altronde, Lorenzo lo merita: non solo per la bravura innata ma per la serietà di atteggiamento, per come ha saputo assorbire i colpi e trasformare ogni esperienza anche negativa, soprattutto se negativa, in ricchezza. Gli accadde quando si sfasciò il ginocchio a Firenze e poi quando un anno fa rimase tristemente in panchina senza poter dare una mano alla sua Italia.
No, nel secondo tempo fa una fatica enorme a mettersi in evidenza. Non c'è il possesso della prima frazione e Insigne fatica a farsi largo nella difesa del Portogallo che ha ormai preso le contromisure. Si piazza spesso persino alle spalle degli attaccanti, ma l'energia ormai è finita. L'Italia fa un altro 0-0. Un anno dopo quell'altro 0-0. Allora non ci qualificammo per i mondiali, stavolta per la final four di Nations League. Roba diversa, certo. In questo caso, in buona compagnia: perché neppure la Germania (e molto probabilmente) la Spagna si sono qualificate. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino