Juan Jesus, è una stagione da incubo al Napoli

Dopo il caso di razzismo solo prestazioni negative

Juan Jesus
La stagione dello scontento ha travolto Juan Jesus. Ora che il Napoli torna ad assomigliare a una squadra, colpiscono le amnesie continue del brasiliano là in difesa. Per...

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La stagione dello scontento ha travolto Juan Jesus. Ora che il Napoli torna ad assomigliare a una squadra, colpiscono le amnesie continue del brasiliano là in difesa. Per carità, l’uomo è un gigante, un Achille dei nostri tempi: aver messo spalle al muro Acerbi e il calcio italiano, aver lottato per veder condannato l’interista tutto da solo, lo ha ormai tramutato in una icona anti-razzismo. Ma qui parliamo d’altro, di campo più banalmente. E delle sua cadute una dietro l’altro. Dentro i vari fotogrammi delle ultime partite, c’è tutto. C’è Jesus che arranca con al suo fianco Koopmeiners, ci sono i sui errore nei gol di Scamacca e Miranchuk, e poi anche in quello di Djuric a Monza. Il dopo-Inter è stato spietato, quasi angosciante. Emerge un anno orribile, con la sua corsa che spesso appare piena di pesi, in ritardo fisico, con il passo impacciato. Momenti che raccontano tante cose: perché Jesus sta facendo una cosa che non doveva fare. Perché non doveva essere lui il titolare, doveva aiutare e sostenere la crescita di Natan, non prenderne il suo posto. Ha rinnovato fino al 2025, perché a 32 anni non si sente lo zio di nessuno. Ma era la riserva di Kim Min-jae, senza che dentro la parola “riserva” si nasconda un senso di inferiorità. E prima ancora lo era di Kalidou Koulibaly. E nei due anni precedenti, con la Roma, in tutto aveva giocato 9 partite di campionato. Eppure, all’improvviso, dopo 4 anni da panchinaro, si è ritrovato a guidare la difesa più forte che c’è (o meglio, che c’era). Ha fatto di necessità, virtù. Senza tirarsi indietro. Ma la difesa fa acqua e lui sembra il perno debole. Calzona lo difende a spada tratta: «Non sono i difensori il problema, ma l’intera fase difensiva». Vero. Dopo lo 0-3 con l’Atalanta ha preso i mediani (e Raspadori) e ha mostrato il primo gol bergamasco di Miranchuk in cui tutti era colpevolmente spettatori. Un delirio di critiche. In questi giorni Calzona sta provando a perfezionare i meccanismi là dietro a Castel Volturno. Un lavoro costante e incessante: due ore di allenamento al giorno. Anche in questi giorni di vigilia pre-Frosinone. 

Il posto 

Il posto resta il suo, Juan Jesus non si tocca. Calzona non è il tipo da mettere da parte i suoi fedelissimi: ieri non si è allenato, ma per domenica recupera. Se è a posto fisicamente, nessun dubbio, giocherà lui. Calzona non lo ha processato, non è nel suo stile puntare il dito sui singoli: gli errori sono collettivi. Però il flop di Jesus preoccupa: troppo spesso appare un giocatore sfasato, che inciampa nello sgomento difensivo azzurro. Dopo Cagliari, fu costretto a staccare i commenti social per i troppi insulti. Una brutta abitudine del tifosi quella di andare fuori dalle righe. Esagerando. Ma è evidente che Jesus sta facendo troppo di più di quello che negli ultimi tempi è abituato a fare. D’altronde, lo dicono le statistiche: con 7 giornate ancora da giocare, è già a 1’759 minuti di presenze in campionato. Bisogna risalire alla stagione 14/15, quando era all’Inter per trovarlo su questo minutaggio. E alla fine del campionato. Ora, con un mese e mezzo di partite, stupiscono le 20 presenze: Mazzarri e Calzona non ne hanno mai fatto a meno. L’arrivo di Natan gli ha di fatto regalato un elisir di eterna giovinezza: nell’anno dello scudetto, si è fermato a 929 minuti. E l’anno prima, sempre con Spalletti allenatore a 1.279 minuti. Poca roba rispetto ai numeri accumulati in questa annata dove mai si è tirato indietro. Doveva essere una riserva, invece è un titolare intoccabile. Solo nei primi anni all’Inter ha “scavallato” i 2.300 minuti. Chissà se ha pesato il caso Acerbi, certo sono due gare in cui è il peggiore in campo. E quando cade lui, trascina dietro anche gli altri. 

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Il Mattino