Kessie va al Barcellona, la serie A è sempre più povera

Kessie va al Barcellona, la serie A è sempre più povera
Veni, vidi... e chissà se pure vici. Ma nel frattempo un altro se ne va dalla serie A. Come se non vedesse l’ora: stavolta tocca a Franck Kessie fare le valigie e...

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Veni, vidi... e chissà se pure vici. Ma nel frattempo un altro se ne va dalla serie A. Come se non vedesse l’ora: stavolta tocca a Franck Kessie fare le valigie e girare le spalle al Paese che lo ha consacrato: prima nel Cesena, poi nell’Atalanta e infine al Milan. Se ne va, a zero. Pure lui come Insigne, Dybala e un bel po’ di loro. Visite a Lugano e trasferimento in estate in quel luna park chiamato Barcellona. Accordo di quattro anni da sette milioni di euro a stagione compresi dei bonus facili da raggiungere. Nessuno in Italia può raggiungere quelle cifre: al Milan non ci hanno neppure mai pensato a provare a rilanciare, così come non hanno fatto nulla per Donnarumma. Cinque anni al Milan e un’altra rottura da “core n’grato”, ovvero senza lasciare un euro nelle casse del club. Il problema, vero, per i club italiani è essere competitivi con i clu esteri soprattutto per quello che riguarda parcelle e oneri accessori che vengono elargite al momento in cui i calciatori firmano quando vanno in scadenza. Il risparmio sul costo del cartellino può mascherare una serie di prebende a favore di agenti e intermediari di mercato che le società della seria A, comprese quelle più spendaccione, non riescono spesso a sostenere. 

Certo, un colpo al cuore vedere partire anche Kessie. Le cessioni di grandi campioni come Lukaku, Hakimi, Ronaldo e Donnarumma hanno condizionato i giudizi sulla competività del nostro torneo in questa stagione. Ma i segnali che arrivano in questi primi mesi non sono incoraggianti: Insigne va al Toronto e Dybala chissà dove. In serie A solo l’Inter con Marotta potrebbe provare a fare un’offerta per trattenerlo ma è complicato arrivare alla cifre che richiede la stella argentina. C’è da preoccuparsi, ma non ci sono vie di fuga nel caso in cui la concorrenza venga dall’estero: Belotti, per esempio, non ha alcun accordo con il Torino e tutti fanno il tifo perché ne trovi uno, sennò un altro pezzo di Italia rischiamo di vedere andare via. È una diaspora che dura da troppo tempo: vengono, si affermano e poi fanno il grande salto altrove. E la serie A è sempre meno competitiva. Come dimostrano le prove in Champions.

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Il Mattino