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Cosa rappresenti Maradona per l'Argentina - intesa come squadra e nazione - ce lo ha fatto capire anche Messi negli ultimi istanti dell'interminabile finale del Mondiale contro la Francia. Perché poco prima che il compagno Montiel si presentasse sul dischetto per calciare il rigore, il capitano della Seleccion ha alzato gli occhi al cielo e ha mormorato: «Vamos Diego, desde el cielo». Andiamo Diego, dal cielo. Un'invocazione. Montiel ha segnato e l'Argentina ha vinto il terzo Mondiale, guidata da Messi, che a 35 anni ha coronato il suo ultimo sogno. Perché, come raccontava Diego a Lionel quando ne era l'allenatore in nazionale, «giocare e vincere per la Seleccion è la cosa più importante che ci sia al mondo». Detto con il massimo rispetto verso il Napoli e i successi conquistati qui.
Il confronto tra Maradona e Messi era cominciato molto prima che il Pibe diventasse il ct della Seleccion.
Maradona è il mito, dunque inarrivabile. Messi «è il più bravo degli umani», secondo la felice definizione di un'intervista dello scrittore Maurizio de Giovanni che abbiamo riproposto nel libro Maradona e Messi Magici, in edicola gratuitamente domani con Il Mattino. Jorge Valdano, che di Diego fu compagno di viaggio nel Mondiale dell'86, non si è azzardato a fare paragoni. Chi ha vissuto per tanti anni sotto la bandiera del Real Madrid sa come essere politicamente corretto. Valdano, piuttosto, ha ricordato la differente durata calcistica di Maradona e Messi. Diego vinse il primo titolo nel 1981 col Boca e gli ultimi nel 1990 col Napoli. Messi, invece, colleziona trofei dal 2004 (Liga col Barça): quasi diciannove anni e non è finita con la Coppa in Qatar, perché ci sarà sicuramente un altro Pallone d'oro, oltre agli eventuali titoli col Psg. Ecco, Maradona ce lo siamo goduti pochissimo e non perché ai suoi tempi i giocatori abbandonassero prima il palcoscenico. Purtroppo il processo di autodistruzione, iniziato dopo il Mondiale e il primo scudetto (anno 1987, quello in cui è nato Messi), ha trasformato l'invincibile eroe del calcio in un dannato schiavo della droga. A 30 anni Diego era già un ex, anche se poi avrebbe giocato un altro Mondiale. Lionel, a 35, si è meritato il trionfo in Qatar. Una carriera e una vita più lineari. Tutto è stato costruito, e benissimo, da papà Jorge, che volò a Barcellona col suo tredicenne bambino che aveva problemi di crescita per farne un campione.
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