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Alfredo Cahe, cardiologo di fiducia di Diego Armando Maradona per vent'anni, non aveva mai avuto dubbi sull'imperizia dei medici che lo avevano assistito negli ultimi tempi, nulla facendo per evitargli la morte. Le conclusioni delle relazioni dei 22 esperti nominati dalla Procura di San Isidro, che probabilmente porteranno all'incriminazione di alcuni professionisti per omicidio colposo con dolo, non lo hanno sorpreso. «Quei medici non avevano esperienza e non hanno curato Diego come sarebbe servito», ha detto Cahe ai microfoni di Super Deportivo Radio. Da tempo non aveva più rapporti professionali e personali con Maradona, però lo ha vissuto da vicino, fin dalla crisi cardiaca che ebbe ventun anni fa a Cuba, quando rischiò di morire per abuso di cocaina. «Diego ha sempre avuto cattivi clan ma questo è stato il peggiore perché non ha compreso la sua personalità, la sua infermità e la sua tossicodipendenza. E non hanno saputo cosa fare nel momento decisivo».
Cahe ha idee chiare. «Dopo l'operazione alla testa, avrebbero dovuto portare Maradona in una struttura specializzata. Non dico che si sarebbe salvato, però avrebbe vissuto un po' di più». Peraltro, proprio in questi giorni, sono stati diffusi sui siti argentini gli audio di una riunione che si era tenuta il 10 novembre - sette giorni dopo l'operazione alla testa e due settimane prima del decesso - tra i familiari e i medici di Diego n cui emergeva chiaramente che l'ex campione voleva andare via dalla clinica Olivos e che non avrebbe accettato il ricovero presso un'altra struttura, come invece sarebbe stato necessario. La figlia Jana era stata esplicita: «Le cure domiciliari sono la soluzione migliore».
La famiglia era un nervo scoperto per l'ex capitano della Seleccion argentina e del Napoli, in particolare il rapporto con l'ex moglie Claudia Villafane e le loro figlie Dalma e Gianinna. Il dottor Cahe ha raccontato un'altra dolorosa verità: «Diego non fu amato da nessuna donna, tutti pensavano agli interessi economici».
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