Scudetto Napoli, intervista a Marek Hamsik: «Ho sognato tanto una gioia così grande»

«Napoli è un pezzo di me, è per questo che sono felice»

Marek Hamsik
È sempre davanti agli occhi l'incomparabile bellezza del suo istinto e la grazia naturale del suo stile, comportamenti compresi. «Se sono felice? Sono orgoglioso....

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È sempre davanti agli occhi l'incomparabile bellezza del suo istinto e la grazia naturale del suo stile, comportamenti compresi. «Se sono felice? Sono orgoglioso. È una gioia immensa, penso ai napoletani che ogni anno mi chiedevano di vincerlo questo scudetto. E adesso è arrivato. Finalmente». Già, finalmente. Marek Hamsik è il capitano che ci è andato vicino tante volte. 520 partite in maglia azzurra, l'uomo del record di presenze. Adesso è in Turchia, ultime settimane di contratto, aspettando di scrivere il gran finale del suo romanzo, capoversi intonati col resto, una prosa che abbia lo stesso passo, l'identica cadenza o quasi, di tutti gli altri capitoli scritti con la maglia azzurra per 12 anni, dal 2007 al 2019.

Hamsik, perché finalmente?
«Perché per tanto tempo ci siamo andati vicini, lo abbiamo solo sfiorato. Io tante volte mi sono immaginato come sarebbe stato questo momento di gioia immensa per la città. Perché so come le persone vivono il Napoli, so bene cosa è il Napoli per i suoi tifosi. Ogni volta che incrociavo i tifosi dicevano: “Dobbiamo vincere lo scudetto”. È un sogno che si realizza per tutti. E sono contento per la squadra, per i dirigenti, per i medici, per i custodi di Castel Volturno. È una vittoria di tutti loro».

Non smette mai, vedo, di parlare da capitano.
«Napoli è un pezzo di me, questo scudetto non è mio ma di chi ha lottato e lo ha vinto. Io ho vissuto delle feste indimenticabili, come per la Coppa Italia vinta nel 2012, dopo 22 anni che non si vinceva nulla. Io so cosa è la voglia di rinascita dei napoletani, l'ho toccata con mano appena sono arrivato, con Lavezzi. Ed è per questo che sono felice».

Un inizio simile, questa estate.
«Io e il Pocho arrivammo con la gente che diceva: “Chi sono questi due?”. E nello scetticismo siamo cresciuti, protetti dalla società. Come hanno fatto questa estate Kvara e Kim. A Kvara sono bastate due partite per far vedere la sua potenza, la sua forza, la sua capacità nell'uno contro uno di saltare l'uomo nove volte su dieci e creare la superiorità».

Chi è stato l'arma in più?
«Il mio Mvp della stagione è Lobotka, e non certo perché è slovacco come me: il suo talento, la sua freddezza, le sue qualità hanno fatto fare il salto al gioco del Napoli».

Se è qui è anche per merito suo.
«Vero, mi chiesero cosa ne pensassi quando iniziarono a trattarlo al Celta Vigo. Io non esitai: “Prendetelo e per dieci anni avrete risolto il problema del regista”. Mi hanno ascoltato e sono felice. Lo sento spesso, come sento altri compagni. So che per loro è un momento magico che devono godersi fino in fondo. Anche per quelli come noi che lo hanno solo sfiorato».

Ci pensa al 2018, lo scudetto perso in albergo a Firenze che ha cambiato i destini di tutti?
«Ci penso, ma sono andato avanti. Come tutti. Poi quel che conta è che restino nella mente i momenti felici di un'avventura così bella come quella a Napoli. E allora ho messo da parte quella delusione e nel mio cuore c'è spazio solo per i trofei che abbiamo conquistato».

Che festa si immagina?
«Conosco la passione dei napoletani. Lo scorso anno, qui a Trebisonda, di feste per il titolo turco conquistato ne hanno organizzate ben sei. Penso che a Napoli sarà lo stesso, con centinaia di migliaia di persone per strada a rendere omaggio a questa impresa straordinaria che non è paragonabile a nulla di quello che ho visto io nei miei anni. L'ho sempre immaginata questa festa, la godrò da lontano».

C'è stato un momento in cui ha detto: stavolta è l'anno buono?
«Aver visto una dopo l'altra quelle prove in Champions a inizio stagione con il Liverpool e poi a Glasgow e Amsterdam ha acceso in me la speranza. Ma la differenza rispetto al passato l'ha fatta la continuità di prestazioni e di risultati. Il Napoli ha conquistato punti importanti a ogni gara, dando spettacolo, dominando gli avversari e ha scavato un divario giorno dopo giorno».

Deluso dalle altre?
«Non mi sembra che le rivali fossero meno deboli di altri anni. L'Italia ha Inter e Milan in semifinale di Champions e tante altre in Europa League e Conference. Vuol dire che il dominio del Napoli nasce dalla sua forza».

Sono andati via le star come Mertens, Insigne e Koulibaly. Eppure, è arrivato il titolo.
«Non so se la rivoluzione sia stata decisiva, so che sono arrivati i calciatori giusti nei posti giusti e con grandi motivazioni. Dei grandissimi giocatori».

Contento che sia Di Lorenzo a vincere da capitano questo scudetto?
«Io sarei stato contento per chiunque, per Kouli, Dries, Lorenzo. Conta averlo vinto, conta aver portato questo successo a Napoli. Non lo ha vinto solo una persona, lo hanno vinto tutti».

Da lontano, cosa è stato decisivo quest'anno?
«La vittoria di un campionato è come un puzzle in cui devi mettere insieme tanti pezzettini. È una scienza completa, ci vuole lo spirito, la voglia di stare insieme e anche un po' di fortuna. Serve tutto».

È la riscossa anche di De Laurentiis.
«Sì, ci teneva a vincerlo, non è vero che lui non puntasse a conquistare lo scudetto. Lui l'ho visto felice dopo la conquista delle coppe Italia e della Supercoppa, immagino adesso come sarà».

È difficile, da capitano, avere a che fare con lui?
«Non ho mai avuto problemi, quando volevo rinnovare ho rinnovato, quando ho pensato che fosse giusto andar via lui mi ha detto di sì. E anche quando andavo a discutere i premi, magari all'inizio faceva la parte, ma poi mi ha sempre accontentato».

C'è un Napoli che avrebbe meritato questo scudetto prima di adesso?
«Noi abbiamo iniziato un ciclo che, in ogni stagione, ha permesso al Napoli di giocare o in Champions o in Europa League. Sono legato a tutti quei Napoli, da quello del mio tridente con Lavezzi e Cavani a fino a quello spettacolare di Sarri».

Perché quest'anno è arrivato il titolo?
«Il Napoli ha fatto un campionato da solo, senza cedimenti, senza sbandamenti, senza mai lasciarsi andare anche dopo qualche sconfitta. La differenza in un torneo così lungo la fa una sola cosa: la continuità. E Spalletti è stato straordinario nella gestione del gruppo, per come ha trattato la squadra, per la scelta dei cambi, per come sono arrivati dei gol importanti da chi partiva dalla panchina».

Una delle chiavi vincenti è stata proprio la rosa lunga?
«Vero, per vincere la serie A non ti bastano 11-14 giocatori...».

Dispiaciuto per lo stop in Champions?
«Un po' di delusione sicuramente c'è, il Napoli è più forte del Milan, la classifica lo dice chiaramente. Ma lo scudetto vale tantissimo, è qualcosa di straordinario che fa dimenticare ogni cosa».

Le spiace non averlo vinto lei?
«Non ho rimpianti. Io ho fatto di tutto per vincere lo scudetto. Ho dato ogni briciolo delle mie energie per poter vincerlo nei miei 12 anni. Come del resto tutti i miei compagni. Io porto nel cuore le vittorie che ci hanno dato la qualificazione in Champions, l'inno della Champions al San Paolo...».

Può aprire un ciclo di vittorie questo Napoli così giovane?
«Credo di sì anche perché non penso che ci sia bisogno di vedere Osimhen o Kvara che ora sono tra i più forti in Europa nei loro ruoli. E neppure è detto che parta uno come Kim che ha strapotere fisico che fa la differenza. Credo che De Laurentiis farà sempre in modo di avere una squadra competitiva per lo scudetto».

Hamsik, mica è vero che a fine anno si ritira?


«Non lo so. È una cosa a cui adesso non ho voglia di pensare. Penso a chiudere la stagione nel Trabzonspor poi tirerò le somme. Magari verrò a Napoli a giugno: li conosco i tifosi, staranno ancora a festeggiare lo scudetto».  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino