Un battibecco tra Gattuso e Bakayoko anima la panchina del Milan durante il posticipo con il Bologna. Al 26' Biglia chiede il cambio per un colpo alla schiena, Gattuso invita...
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«Voglio risolverla nello spogliatoio, parlare con la lingua che mi piace e che in tv non
si può usare». Lo dice Rino Gattuso a proposito della
lite in panchina con Bakayoko: «Tutti possono mandarmi a quel
paese - dice -, l'importante è non mancare di rispetto allo
spogliatoio. Ho chiesto a Bakayoko di entrare e ci ha messo
troppo tempo. Nei giocatori c'era tanta rabbia per la decisione
dura di tenerli lontani dalle famiglie, volevo vedere la stessa
rabbia in campo e la squadra ha saputo battagliare».
«I problemi che succedono sono affari
nostri e ce li vediamo nel nostro spogliatoio - dice ancora
l'allenatore del Milan -. Avevo detto a Bakayoko di scaldarsi,
lui ha messo qualche tempo in più e ho scelto José Mauri perchè
in questo momento la priorità non è Gattuso. Io ho 27 giocatori,
indossiamo una maglia gloriosa e bisogna fare le cose giuste ed
essere obiettivi, onesti e coerenti in tutto quello che si fa.
Ho aspettato sette, otto minuti e lui ancora non si era messo i
parastinchi e ho fatto questa scelta». «Nella mia carriera ho
mandato a quel paese tanti allenatori - continua Gattuso - ma
poi finiva là, con rispetto e guardandosi negli occhi. Il mio
obiettivo è portare più avanti possibile questa società
gloriosa, di avere il rispetto di tutti i miei giocatori e
metterli in condizione di farli esprimere al meglio».
Ma Bakayoko non ha mancato di rispetto ai compagni in
settimana e nei confronti di Gattuso oggi? «A me possono dire di
tutto. L'importante è che non si manchi di rispetto a tutto lo
spogliatoio. Dopo sono cose nostre - risponde -. Siamo usciti
con le ossa rotte dal derby con una polemica e in questo momento
dobbiamo spendere le nostre energie sulla nostra priorità, che è
lo scendere in campo. Poi daremo i voti come a scuola, e vedremo
chi si è comportato bene e chi si è comportato male. Ora
priorità al calcio. Tutti possono mandarmi a quel paese poi
quando siamo chiusi in uno stanzino vediamo». «Voglio parlare
con la lingua che piace a me - ribadisce - e qui non si può. Ora
pensiamo alla vittoria, non dobbiamo perdere energie su altre
robe» Leggi l'articolo completo su
Il Mattino