Napoletano, il matesino che segna più di Higuain

Daniele Napoletano
Caserta. Nasce nella «Tre Pini» di Piedimonte Matese, in quello spaccato di frontiera che si divide fra Campania e Molise, un primato incredibile del calcio più...

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Caserta. Nasce nella «Tre Pini» di Piedimonte Matese, in quello spaccato di frontiera che si divide fra Campania e Molise, un primato incredibile del calcio più amato. Arriva a suon di gol senza confronto in Italia e fuori, per la stagione 2015/16, Daniele Napoletano, un matesino doc, 23 anni soltanto, segno cocciuto dell’Ariete, che ha realizzato la straordinaria bellezza di 43 reti sulle 34 partite previste nel girone A dell’Eccellenza del Molise, al momento vinto grazie alla sentenza della giustizia sportiva (la capolista Gioventù Dauna, però, ha fatto ricorso). «E non le ho disputate nemmeno tutte, mi sembra», precisa.

Napoletano, la maglia numero 10 della «Tre Pini», il viso e il sorriso biondo un po’ scugnizzo alla Ciro Immobile, che quest’anno, con la semplicità di chi non se ne rende conto, si è laureato goleador principe del calcio ufficiale giocato in Italia. Più di Gonzalo Higuain, chapeau, che ne ha fatto 36 in serie A, più di contendenti delle serie minori della Penisola, da Tornatore a Bertoldi e Marrazzo, che si sono fermati al di sotto sempre dei 40. Lui no, a suon di triplette e doppiette, fra Venafro e Termoli, ne ha realizzato ben 43. Tre pure, sbirciando fuori Italia, più dello stesso uruguaiano Carlos Sanchez, la celebrata «Scarpa d’Oro», attestato a quota 40.
Una giovinezza dedicata al calcio, si racconta, con la umiltà di confessare che il pallone, senza remore - «ho lasciato presto la scuola» -, è stata una scelta di vita. Abbinata a un amore senza limiti per il suo territorio («mi è sempre stato difficile andare via»), che pure lo ha portato a frequentare le giovanili del Chieti e del Foggia e uno stage addirittura a Nuoro, per poi rientrare nel suo habitat locale: a Sant’Angelo di Alife e Sesto Campano, prima di consolidare le radici, l’anno scorso e nella stagione ultima, a Piedimonte Matese, appunto.
Con la maglia biancoverde della «Tre Pini», il simbolo del gonfalone dell’antica città. Goleador sovrano, ma con la maglia mistica del «10» indosso, «sai, perché abbiamo un centravanti fortissimo di ruolo, Marco Di Matteo, un ex del Cesena, che per me è il riferimento in campo», e un gentile disincanto. «So che qualcuno da fuori si interessa a me, ma io sono davvero felice qui, la gente mi vuole bene, la società e il presidente Marcellino Pepe mi sono vicini, speriamo tutti adesso nella serie D, perché la prima classificata del girone, la Gioventù Dauna, è sospesa per un sospetto illecito sportivo, e così passeremmo noi che siamo arrivati secondi a un punto, ma cosa vuoi più dalla vita?».

Già, cosa? E ne esce fuori davvero, senza retorica, come ribadisce Carlo Loffreda, il team manager della squadra, il ritratto di campioncino di casa, sereno, inatteso, che diffida delle luci abbaglianti della ribalta metropolitana. «È un attaccante completo ambidestro - precisa Loffreda - forte di testa, rapace come l’Inzaghi dei tempi migliori, ma anche ubiquitario e generoso come l’Higuain del Napoli ultimo, e in più così giovane». Un’autentica storia di paese, che è bello raccontare, con l’onestà infine di confidare che in verità lui ad Higuain preferisce ancora Trezeguet, «un drago». «Higuain è un padreterno, d’accordo, ma io sono leale, e tifavo Juventus»’. E dalla sua lontana provincia, questo Napoletano schietto meritava l’ applauso ulteriore che si deve ad una sincerità orgogliosa.
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Il Mattino