Corrado Ferlaino, che domani celebra il mezzo secolo azzurro (venne eletto presidente del Napoli il 18 gennaio del 69), ha vissuto sulla propria pelle tutte le emozioni e le...
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Paradossalmente Ferlaino ha cominciato a vivere profondamente la sua amatissima Napoli quando non è stato più il proprietario del Napoli, dopo il 12 febbraio 2002, il giorno in cui siglò il divorzio negli uffici del futuro presidente Salvatore Naldi. A quell'appuntamento lo aveva accompagnato Patrizia Boldoni: poco dopo divorziò anche da lei. Ora l'ingegnere vive con la compagna Roberta Cassol in un angolo da sogno in corso Vittorio Emanuele, a bordo della sua piccola auto attraversa i vicoli, va a pranzo nelle trattorie dei Quartieri spagnoli, dove è accolto sempre con affetto. Una preghiera ai camerieri a fine pranzo: «Niente caffé, forse sono l'unico napoletano che non lo beve». Al tavolo dell'ex presidente si vedono raramente uomini di calcio. Quello a cui è rimasto più legato è Vinicio, l'allenatore che nel 75 aveva regalato a Napoli la speranza del primo scudetto. Caratteri forti, Corrado e Luis litigarono pochi mesi dopo quell'appassionante campionato, ovviamente vinto dalla Juve, e il Napoli avrebbe conquistato la Coppa Italia del 76 con due vice allenatori in finale, Delfrati e Rivellino. E con Maradona ora come va? Si sono visti l'ultima volta a Firenze due anni fa. «Lui dice ancora che fui il suo carceriere perché non gli permisi di andare al Marsiglia. Infatti. Fosse dipeso da me, non avrebbe mai lasciato Napoli». Glielo sottrasse non Tapie, ma la cocaina.
La tifoseria, dalla più alta a quella più estremista, ha fatto paragoni con De Laurentiis, inappropriati per i tempi e i contesti, e ha rimarcato l'attaccamento dell'ingegnere al Napoli. In una delle ultime partite dello scorso campionato furono visti ragazzi delle curve con la t-shirt «Ferlaino torna». Vent'anni prima, da quelle curve, erano partite le missioni anti-Ferlaino. L'ex presidente parla poco di De Laurentiis. Si sono seduti vicini soltanto una volta durante un convegno alla Federico II, mai al San Paolo. L'ingegnere fu costretto a rinunciare all'invito ricevuto in occasione dell'evento per i 90 anni del club il 1° agosto 2016: era all'estero. La tessera per lo stadio, omaggio della Figc dopo l'ingresso nella Hall of fame, l'ha adoperata poche volte, mai per lo stadio di Napoli, dove non è più entrato dopo aver venduto la società. Gli azzurri, però, li segue con intatta passione. «Il terzo scudetto è il sogno che vorrei vedere realizzato». E punge: «Io ho rischiato per vincere».
Lunghissimo il regno di Ferlaino, 33 anni. Ci sono stati Careca e Maradona, ma anche Calderon e Prunier, simboli del mediocre Napoli che sprofondò in serie B nel 98: la ferita più dolorosa per chi aveva regalato alla città Diego e gli scudetti. Cinquant'anni fa, quando fu nominato presidente, il 37enne Corrado disse: «Gli scudetti non si promettono: si vincono». Lo volle con ostinazione e lo vinse, mettendo in fila - era ora - Juve, Inter Milan. Ma pagò un prezzo altissimo: finito Diego, sarebbe finito il suo Napoli. La sovraesposizione finanziaria degli anni Ottanta indebolì la società e la squadra, fino a farle crollare. Le contestazioni al San Paolo diventarono continue e violente, Ferlaino usciva dopo un tempo delle partite tra le lacrime. «Mi insultano ma io ho dato la mia vita per il Napoli», si sfogava. Quella vita riassunta con queste cifre nel giorno dell'addio: 34 campionati, 1.050 partite, 1.251 punti raccolti, 1.221 gol fatti, 230 partite di Coppa Italia, 80 partite internazionali, 1.300.000 abbonati, 10.000.000 di spettatori, 2 scudetti, 1 Coppa Uefa, 3 Coppe Italia, 2 retrocessioni, 1 promozione.
Ferlaino ha metabolizzato il dolore - perché tale è stato del distacco e si è riappropriato del suo tempo. «Adesso la domenica mi sveglio tardi». Ma non crediate che ne sia felice. Nell'altra sua vita, quando era presidente, arrivava nella foresteria del Centro Paradiso all'ora di colazione. Attraversando la città, parla poco del suo Napoli e molto di questo, incoraggiando la speranza dei tifosi. «Non potranno vincere sempre loro». A 87 anni non perde battute sul lavoro, dai progetti per Palazzo d'Avalos in via dei Mille a quelli per l'hotel lungo il Miglio d'oro ad Ercolano. E poi i viaggi, l'ultimo in India. Giovani padri lo fermano per strada, adesso gira tanto a piedi. «Preside', una foto con mio figlio?». E sussurrano: «Vedi, questo signore ci portò Maradona». Questa è la storia e la storia non si cancella. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino