Napoli. Careca in campo con Gabbiadini: «Un gol e cambia la tua storia»

Napoli. Careca in campo con Gabbiadini: «Un gol e cambia la tua storia»
 «Non è che se un campione si fa male, quella squadra non è più forte. Se non lo è più, vuol dire che non lo era neanche prima una...

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 «Non è che se un campione si fa male, quella squadra non è più forte. Se non lo è più, vuol dire che non lo era neanche prima una squadra forte...». Il teorema di Antonio Careca, la grande stella brasiliana che ai Mondiali messicani del 1986 arrivò secondo nella classifica dei goleador preceduto solo da Lineker e che in maglia azzurra ha vissuto sei stagioni (con 73 gol), vincendo uno scudetto e una Coppa Uefa, è convinto che Milik o non Milik il Napoli non debba arrendersi né nella corsa per lo scudetto e neppure in Champions.


Careca, però non è semplice. 

«Io ho visto giocare il Napoli di Sarri, sono stato lì fino a una trentina di giorni fa. È un bel gioco, una bella organizzazione, ognuno sa quello che deve fare. Momenti così possono capitare, io non ne farei un dramma...».

Milik non c’è e Gabbiadini non sembra in grado di fare la prima punta. 

«Un attaccante ha un solo modo per uscire da una crisi: facendo gol. Poi tutto il resto sono chiacchiere. Sembra banale, ma basterà segnare una rete a Gabbiadini e diventerà uno da fare giocare sempre. E nessuno penserà più a Milik».

Eppure dopo le due sconfitte con Atalanta e Roma la situazione non sembra proprio positiva.

«Io ho molto apprezzato il Napoli nelle partite che ho visto in tv recentemente: ha superato la mancanza di Higuain, mostrando coraggio e più unità e compattezza di squadra rispetto a un anno fa. E queste cose restano, non è che perché si è fatto male Milik d’improvviso si ferma tutto».

E i due ko?

«Ma può succedere, senza fare drammi. La Juventus ha un organico da corazzata, il Napoli no. Se c’è una giornata storta, gli azzurri possono perdere. I bianconeri hanno invece tanti solisti che possono rimediare agli eventuali problemi. Anche perché la serie A di adesso non è diversa dalla mia: ogni avversario è una insidia, un pericolo. Ogni trasferta una trappola».

La Juventus sembra fare una corsa a sé in questo campionato: è praticamente già in fuga.

«Mi piace fare questo paragone: anche il Brasile in Spagna nell’82 sembrava invincibile. Non c’era nessuno che pensava che non avremmo vinto quel Mundial. E invece, come andò a finire? Arrivò l’Italia di Paolo Rossi e ci eliminò. Ecco, un modo di dire: che non bisogna mai alzare troppo presto bandiera bianca».

Ora più che mai, pesa anche l’addio di Higuain?


«È acqua passata, inutile star ancora a pensare a questa cosa. Il suo addio deve servire a far crescere tutto il gruppo azzurro, come è successo nelle prime settimane. Io non credo che queste due sconfitte abbiano cambiato le cose». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino