La Champions domani è qui, in piazza del Plebiscito. Gianfranco Zola, il ragazzo di Sardegna che Diego Armando Maradona svezzò sul prato del Centro Paradiso a...
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Era il 1990, lei aveva 24 anni e Maradona stava per chiudere la carriera a Napoli per ragioni non calcistiche: ultima partita di Diego in Coppa dei Campioni sul campo dello Spartak Mosca.
«La ricordo benissimo. Giocammo sotto la neve, a un certo punto in campo non riuscivi più a vedere».
Zola titolare e Maradona in panchina.
«Sì, Diego era arrivato il giorno dopo a Mosca e partì dalla panchina».
Si era rifiutato di volare con i compagni, chiuso in casa dopo una notte di eccessi.
«Conoscevamo benissimo la sua situazione. A distanza di anni, faccio una riflessione esclusivamente calcistica: se Diego avesse giocato dall'inizio, forse sarebbe andata diversamente. Ma è passato tanto di quel tempo...».
La Champions l'ha giocata poi con il Chelsea, dopo essere diventato idolo del popolo di Stamford Bridge.
«Ci fermammo ai quarti di finale contro il Barcellona, era il 2000». Domani in piazza del Plebiscito, luogo simbolo di Napoli, potrà vederla da vicino. «Un'emozione grande, come quella di tornare in questa città dove ho vissuto benissimo e ho lasciato forti amicizie e un senso di reciproca stima».
Arriva nei giorni più lieti: Napoli in testa alla classifica, con cinque punti di vantaggio sulla Juve. E domani c'è la sfida a Manchester contro il City, capolista in Premier League.
«Quello che sostiene Guardiola a proposito del Napoli io da tempo lo dico in Inghilterra a coloro che mi chiedono degli azzurri: dallo scorso anno questa è la squadra che gioca in assoluto il migliore calcio. Merita tutti i punti che ha, li ha conquistati con il sacrificio e il gioco che è molto efficace, non solo bello da vedere».
Da allenatore, cosa la colpisce della devastante macchina azzurra?
«Ho studiato a fondo il gioco del Napoli. Mi piacciono le squadre che propongono un calcio piacevole e questo gli uomini di Sarri riescono a farlo perché hanno una grande capacità di uscire e di fare il massimo nella gestione del pallone, in qualsiasi situazione si trovino. Osservateli: non buttano mai via la palla e hanno una capacità unica di muoverla in spazi stretti. Sanno controllare la partita con fraseggi corti, sono bravissimi ad attaccare gli spazi. Le cifre sono significative: 12 gol in casa e 14 in trasferta, numeri che dimostrano la grande forza del Napoli, l'autorevolezza con cui gioca anche lontano dal San Paolo. Per gli avversari è complicato affrontare una squadra così».
A ventisette anni dal secondo scudetto, il vostro scudetto, questa parola non è più tabù ma si rincorre per la città, dagli impenetrabili spogliatoi di Castel Volturno alle caldissime piazze del tifo: c'è un sentimento, una convinzione, comune.
«Mi auguro che sia l'anno giusto. Per il Napoli e anche per il campionato perché negli ultimi sei anni c'è stato un assoluto dominio della Juve. Ecco, la vittoria del Napoli sarebbe una boccata di ossigeno per il campionato, oltre che un premio per il lavoro della squadra e la passione della città».
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Il Mattino