La Kombat Karbon della Kappa contro il giallo Adidas omaggio alla città di Torino il cui simbolo è uno scudo con sfondo blù cui è sovrapposto un toro...
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Dagli Stati Uniti, patria del merchandising, l'oncologo Antonio Giordano aggiunge: «A me la maglia grigia non dispiace ma, indipendentemente da questo, questo è il calcio moderno. Diritti tv, marketing, sponsor, la parte nostalgica viene superata da molti parametri. Alla fine sono i risultati quelli che creano la forza del brand. Noi, artigianalmente, dobbiamo inventarci sempre qualcosa». Cesare Casiraghi, tifoso juventino, è il pubblicitario che ha inventato campagne come quelle della Zucca di Ing direct, Pittarosso o Agos Ducato, entrate nel patrimonio comune. «Sono arrivato a casa a partita in corso. I primi due secondi ero spiazzato e mi sono chiesto: qual è la mia squadra? Il problema è che si deve trovare l'equilibrio. Oggi il merchandising è possibile perché c'è una identità di squadra e colori. Il rischio è quello di andare a sperperare un capitale in nome di un guadagno immediato, tendenza generale delle aziende e del managment. Ma a lungo andare può essere un boomerang perché il tifoso vuole che l'identità non sia toccata se non in qualche eccezione. E come se si vendesse la propria casa vano dopo vano. Alla fine non resta più niente». Il paradosso è un futuro con il Napoli in bianconero e la Juve in azzurro: «Sarebbe un bel colpo ma isolato. Se ne venderebbero tantissime. Se non altro per essere bruciate».
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Il Mattino