Napoli-Salernitana per pochi intimi: ammuina in campo e silenzio fuori

Napoli-Salernitana per pochi intimi: ammuina in campo e silenzio fuori
Niente racconta meglio questo tempo di mezzo di un derby calcistico in silenzio. Cinque gol che trovano esultanza maggiore in casa rispetto allo stadio. In un periodo di attesa...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA FLASH
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

Niente racconta meglio questo tempo di mezzo di un derby calcistico in silenzio. Cinque gol che trovano esultanza maggiore in casa rispetto allo stadio. In un periodo di attesa forse la pandemia va verso l'endemizzazione , con i posti ridotti, con Napoli zeppa di positivi e con poca volontà di andare allo stadio per uno spettacolo incerto, ecco che si consuma la partita silenziosa. Sono lontani quei tempi del San Paolo, oggi Maradona, che stupirono lo scrittore messicano Juan Villoro grande ammiratore di Hirving Lozano o dello scrittore argentino Roberto Fontanarrosa che in un libro cult come L'area 18 esalta il calore dello stadio napoletano come quello di un vulcano che non si spegne mai, come lontana è l'eco dei canti che è rimasto nelle orecchie di calciatori come Jorge Valdano oggi rubricista per El Pais o maestri di calcio come César Luis Menotti. Tutti venuti a vedere Diego Maradona che ora s'è fatto stadio.

Oggi Fuorigrotta è mesta, e dove prima c'era l'ammuina ora c'è il silenzio, dove prima c'era l'affollamento, il traffico, l'onda del calore, ora c'è lo spazio e la possibilità di godersi il vuoto, si trova persino parcheggio, e sembra Berlino. È uno stadio anomalo, come anomalo è il tempo che viviamo. Forse a marzo tutto tornerà alla normalità e nemmeno l'ultimo degli orsi rimpiangerà un derby così, dove si segna cinque volte e la somma della gioia non raggiunge la normalità di un gol. Nell'esultanza si misura l'emergenza, e nell'emergenza si perde il mistero ancestrale del tifo. Una beffa. Ma tutta la pandemia lo è. Una dolorosa presa in giro del nostro modo di vivere. Uno stadio abituato ai superlativi, si ritrova a dover fare i conti con i diminutivi. In un paradosso ancora più grande perché il Napoli gioca, palleggia, si diverte e diverte, ha un Elmas dribblomaniaco che fa quello che in pochissimi fanno nel calcio europeo: dribbla, e dribbla, e avanza, finta e dribbla ancora, come se fosse su un campo di periferia, in barba alla triangolazioni, e agli scambi obbligatori più stretti di uno snodo ferroviario. Dribbla e domina la partita. E con lui Mertens che continua a divertirsi e segnare, Juan Jesus che torna al gol dopo anni, e il vecchio caro Insigne che si autoassolve e iscrive alla storia come un piccolo Napoleone dopo un rigore segnato. Insomma doveva essere una festa, invece il popolo era altrove, perso dentro ai fatti suoi. E se è vero che oggi la verità e la realtà stanno sui social o almeno questi la sanciscono come un tempo la Cassazione e le sacre scritture è anche vero che lo stadio vuoto, al di sotto dei limiti di Speranza il ministro della salute, non il sostantivo femminile in luogo di attesa fiduciosa di un evento racconta di uno spirito azzoppato, di una stanchezza evidente in tutti, che appare più evidente proprio nel tempio dove si dimenticava tutto.

Ecco, se nemmeno allo stadio si dimentica il dolore, allora il calcio ha perso qualcosa sia in potenza che in promessa. La più grande religione del mondo, deroga all'attesa e al pessimismo. Il pomeriggio della domenica già spezzettata e spalmata smarrisce la sua funzione di sole dell'avvenire calcistico, e soccombe, si spera provvisoriamente, al salotto e alla cucina. Tutto l'amore che c'era sulle gradinate, diventa un rivolo di fibra, ideale e straniante, in attesa della resurrezione dell'umanità e del suo ritorno alle partite dal vivo. Perduta la battaglia della presenza agli stadi, resta poco, per fortuna, grazie al presidente Draghi, permane quella nelle aule scolastiche. Che arcipelago curioso quello degli stadi, oscillante tra spregiudicatezza e moderazione. 

Leggi l'articolo completo su
Il Mattino