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Napoli, «Again»: lo scudetto prima si trepida, poi è gioia azzurra

In alto i calici, le bandiere e i canti per il Napoli campione d'Italia!

Napoli campione d'Italia

di Pino Taormina

sabato 24 maggio 2025 Ultimo aggiornamento 10:45

In alto i calici, le bandiere e i canti per il Napoli campione d'Italia! Conte e i suoi si sono appena presi lo scudetto dentro il loro stadio, come era successo nel 1987 contro la Fiorentina e...
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In alto i calici, le bandiere e i canti per il Napoli campione d'Italia! Conte e i suoi si sono appena presi lo scudetto dentro il loro stadio, come era successo nel 1987 contro la Fiorentina e nel 1990 contro la Lazio. Con migliaia di bandiere azzurre, e poi bianche e rosse e verdi e con la coreografia dei giorni epici. Sì, questo è il giorno, questa è l'ora. Il più grande spettacolo. Certo, anche più grande del Big Ben. La storia vuole sempre una data e magari pure un orario. Eccolo: 23 maggio 2025, ore 22,48. «Again» recita il cartonato tricolore preparato dal club. «We are the Campions» è scritto sul tabellone. Fuori è Capodanno, batteria di fuochi come a mezzanotte del 31 dicembre, esplodono per quasi un'ora. Campioni d'Italia, per la quarta volta, la seconda in 24 mesi.

CantaNapoli, ancora. In un canto bello come quello di due anni fa. Tommaso Starace è il primo che abbraccia Conte quando scende dall'eremo da dove ha visto la gara. La festa è in campo, il cordone di sicurezza controlla che nessuno entri. Sul terreno di gioco tutti si abbracciano, anche De Laurentiis e Conte con il patron che lo scuote perché Antonio quasi è commosso. «Siamo noi siamo noi, i campioni dell'Italia siamo noi», cantano allo stadio. Conte abbraccia tutti mentre il palco per il cerimoniale della Lega di Serie A viene allestito in mezzo al campo.
Saltano tutti, Spinazzola, Mazzocchi, Politano e tutti gli altri. Buongiorno si dimentica di avere un problema fisico, la gioia lo fa correre ovunque. La festa è bella. Inizia il giro di campo, quasi una processione. I santi sono questi triangoli tricolori di cartone, c'è pure il patron nel mischione che procede a passi lenti sulla pista di atletica. «Again». Sì, la gioa è incredibile. Nessuno va via. Tutto è improvvisato, ma nessuno è colto di sorpresa: il club aveva invitato Luquè, Geolier, Sannino che si esibiscono a fine partita.

Napoli-Cagliari, McTominay-Lukaku: questa notte è magica

In campo c'è anche Nino D'Angelo. C'è l'invasione della sala conferenza degli azzurri mentre Conte parla e Antonio si fa trascinare dal ballo e dal coro. La notte è lunga. La squadra si prende libertà che fino a pochi istanti prima non poteva concedersi con il proprio tecnico. Ci sono le magliette azzurra pronte ad andare a ruba, con il 4 sulle spalle in rosso, bianco e verde e la scritta «Campioni d'Italia». Altro che scaramanzia, il Napoli si è dato da fare da parecchio in vista del traguardo. Alle 23,45 inizia la cerimonia di premiazione, con l'ingresso della coppa dello scudetto sul palco, in uno straordinario dejà vu. La passerella inizia con signora De Laurentiis, poi sfilano i figli Edo e Valentina. Arriva il presidente e lo stadio lo applaude calorosamente. Infine gli eroi del quarto titolo italiano. Uno a uno. Molti con le loro bandiere come Olivera, Anguissa e tanti con i capelli già tinti d'azzurro. Conte bacia la coppa. Fino all'arrivo di Di Lorenzo: è lui che alza la coppa nel cielo di Napoli. Nessuno ha lasciato il proprio posto. Tutti sono lì, tra lacrime e sorrisi, anche quando c'è il video di Pino Daniele che si titolava proprio «Again».

Appaiono i quattro scudetti: scatta l'ultimo giro di festa, stavolta con la Coppa. Questa serata era un'attesa simile a quella dei nostri genitori e nonni per lo sbarco sulla Luna, per l'ultima recita degli azzurri. Un conto alla rovescia iniziato a Parma, in quel finale dove in tanti hanno rischiato la salute. E per 41' minuti i 55 mila del Maradona (ma anche 60 mila) e i milioni di tifosi sparsi ovunque, hanno visto streghe, fantasmi e pure l'uomo nero. Fino alla meraviglia di McTominay. In quel preciso momento, tutto è compiuto. Tanto di cappello al Cagliari. C'è la fortuna degli azzurri di non dover stare più alla finestra ad attendere notizie da Como perché quando al 20' arriva il gol di De Vrij, sono le 21,10, il pubblico resta per un attimo paralizzato. C'è il sorpasso. Ma dura tutto pochissimo. Venti minuti di apnea, di aria che manca, di terrore puro, di persone che minacciano di andarsene perché così proprio non si può stare, che arriva quella che è destinata a diventare la figurina simbolo dello scudetto, l'acrobazia di McTominay sulla pennellata di Politano.

Come una Tachipirina mista a un Malox insieme: sono le 21.31, i minuti di gioco sul tabellone del Maradona dicono 41'. Il Napoli è di nuovo a +1 sull'Inter. Basta e avanza. Dalla Posillipo il primo pensiero è a Conte che, con il fratello Gianluca, è lì che svetta sulla testa di tutti nel «dirigibile». Di quello che succede a Como non importa più a nessuno. La festa ha inizio, in pratica. Poi l'altra meraviglia, quella di Lukaku. C'è tutto al Maradona: i drappi azzurri un po' stinti nel tempo, ma immortali, con il volto di Diego, sono accanto a quelli appena stampati, lucidi di nylon, col «4» bello grosso. La gente è tutta uguale, lontana o dentro la cattedrale di Fuorigrotta perché è felice. La festa è straordinaria, uno sballo collettivo perché è fatto di attesa, di speranza, di rabbia. E della parola «finalmente». Perché c'era chi non ci credeva, poi ci ha creduto. Chi temeva che venisse buttato via, chi si aspettava la tragedia, l'essere incornato proprio sul traguardo. Ma quando poi finisce, i giocatori festeggiano sul prato. Ed è bello vederli così. Con la Coppa dello scudetto che torna sotto il cielo di Napoli.

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