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Niente succede per caso. E 5 promozioni in carriera (4 negli ultimi anni), infatti, niente non sono. Lo sa bene Carmine Parlato che domenica ha festeggiato il salto dalla serie D alla serie C (con tre giornate di anticipo) alla guida del Trento. Ha 50 anni e due grandi passioni: il calcio e la sua Napoli. È cresciuto lì, come ragazzo e come calciatore, prima nella scuola calcio Nereo Rocco di Secondigliano, poi nelle giovanili della Caivanese. Il salto nei “grandi” lo ha fatto col Campobasso, prima di emigrare al nord dove ha esordito anche in serie B col Padova per concludere la carriera a Rovigo. È lì che è arrivata la prima proposta di allenare, offerta che Carmine ha colto al volo.
Ma riavvolgiamo il nastro.
Napoli, quindi, come città, come famiglia, ma anche come passione sportiva. «Da ragazzino cercavo di non perdermi una partita degli azzurri: ricordo la gara contro la Dinamo Tbilisi e ho scavalcato i cancelli per entrare al San Paolo». E allora l’idolo. «Quando giocavo mi ispiravo a Krol, fatte le debite proporzioni. Lui però era destro, mentre io mancino puro».
Dal campo alla panchina, idoli di ieri e idoli di oggi. «Il mio modo di fare è molto diretto, parlo chiaro con i giocatori: non ti regalo la maglia, te la devi conquistare. Mi piace avere a che fare con gli uomini, anche a se muso duro. Per questo Mourinho e Allegri sono due profili che mi sono sempre piaciuti. Mou è rispettoso e ha vinto molto con un calcio semplice. Max, invece, mi piace per il suo modo fin troppo sfacciato nel dire le cose, pur rimanendo sempre nel rispetto e nell’educazione».
Tutti valori che ha portato nel Trento bello e vincente. «Non c’è nessun segreto. Sono sempre io. La Serie C è arrivata grazie all’aiuto di tutti: società, staff e calciatori. Quando parlo con i presidenti sono sempre molto chiaro: “Farò di tutto per cercare di accontentarvi”, ma non sempre vuol dire centrare l’obiettivo». Non questa volta, promozione e grande gioia. Per il Trento e per Carmine Parlato, che dopo l’unica avventura al sud (lo scorso anno a Savoia), sogna di poter allenare un giorno dalle parti di Napoli: l'ombelico del suo mondo, fatto di pane, pallone e famiglia.
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Il Mattino