Pugni, soldi e galera: i cinquant'anni di Mike Tyson | Fotogallery

Pugni, soldi e galera: i cinquant'anni di Mike Tyson | Fotogallery
Raccontava di bere champagne perfino a colazione, e per la poco lucidità che a volte ne derivava perse clamorosamente...

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Raccontava di bere champagne perfino a colazione, e per la poco lucidità che a volte ne derivava perse clamorosamente contro James Buster Douglas a Tokyo, dove la sua irrefrenabile voglia di sesso lo aveva portato ad andare a letto con una serie di ragazze del posto, una dopo l'altra e nonostante l'imminenza del match. Ad Ali lo accomuna Trevor Berbick, l'avversario contro cui l'ex Cassius Clay chiuse nel 1981 la carriera e che Iron Mike spedì al tappeto al secondo round appena cinque anni dopo. Nacque così l'erede di colui che aveva fatto la storia dei pesi massimi ma che, per i mezzi che aveva, durò troppo poco rispetto al maestro. Intanto però era già cominciata la carriera di questo campione frenato per prima cosa dai propri eccessi, e che per girare un cameo in un video di rap disse di essersi ispirato alla figura e ai gesti di Benito Mussolini.

Dopo che con un morso staccò un pezzo di orecchio a Evander Holyfield si infilò anche nel tunnel della depressione, ritrovandosi obeso, alcolizzato e senza un dollaro, lui che ne aveva guadagnati a centinaia di milioni, nonostante le promesse dell'immnacabile Don King, il promoter come lui ex galeotto. Uno dei pochi a essergli rimasto accanto, lo ha raccontato lo stesso Tyson, è stato Donald Trump, nei cui alberghi-casinò Mike ha spesso combattuto, e per questo ora lo sta appoggiando nella corsa alla Casa Bianca, nonostante il magnate candidato voglia negare l'ingresso negli Usa ai musulmani, fede religiosa di Iron Mike che è un altro punto di contatto con Muhammad Ali.


Ma proprio negli anni a ridosso del mezzo secolo di vita, e per merito della terza moglie Lakiha Kiki Spicer («non me la merito», dice lui), Tyson è rinato quando nessuno se lo aspettava, fa l'attore di serial e di film e ironizza sul proprio passato, come quando ha mimato sul grande schermo il gesto del morso. Parla spesso di sé in pubblico affinché gli altri non commettano i suoi errori, e per promuovere il pugilato professionistico lo hanno chiamato in Cina. Degli eccessi e le sregolatezze di un tempo sembra non esserci più traccia, gli rimane casomai il rimpianto di non aver fatto ancora di più sul ring, ma si sa che il genio spesso non si accompagna con l'esempio.
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Il Mattino