Arrivare allo strappo, ma senza intestarsi il «no». Tenere il punto sulle opere pubbliche promesse, rigettando accordi al ribasso e lasciare che siano i privati a...
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Stadio, la Roma va da Raggi ma non c'è intesa sulle opere
Totti, la Roma lo vuole portare in tribunale: lo accusano di turbativa d'asta
BRACCIO DI FERRO
I privati vorrebbero sganciarsi da alcuni obblighi fissati dalla delibera del 2017, quella con cui i grillini hanno dato il via libera preliminare all’operazione. I proponenti vorrebbero per esempio far sparire la condizione che lega l’apertura dello stadio (e del mega complesso di negozi, uffici e alberghi) al fatto che «contestualmente» siano pronte tutte le infrastrutture promesse. E cioè l’unificazione dell’Ostiense-Via del Mare e il riammodernamento della disastratissima ferrovia Roma-Lido, che da delibera del 2017 dovrebbe viaggiare con «16 treni l’ora», cioè una corsa ogni tre minuti e mezzo, mentre oggi se va bene passa un convoglio ogni venti minuti. I privati evidentemente non si fidano degli investimenti ipotizzati sin qui, cioè i 45 milioni di «contributo per la mobilità» che dovranno tirare fuori loro, più i 180 milioni che si è impegnata a spendere la Regione, ma su tutta la tratta, non solo a Tor di Valle. Raggi ha fatto capire che non accetterà sconti. Il Campidoglio, con una mail ufficiale del 13 maggio firmata dalla direttrice del Dipartimento Urbanistica, Cinzia Esposito, ha già messo in chiaro che se non ci sarà un riavvicinamento sarebbero «rimessi in discussione gli elementi qualificanti del già dichiarato interesse pubblico». Insomma, l’amministrazione virerebbe dal sì al no. Come vorrebbe una fetta sempre più larga dei 5 Stelle. Tutto questo mentre va verso l’archiviazione l’inchiesta sul IX Municipio.
Roberta Lombardi, prima, storica capogruppo grillina alla Camera, traslocata ora alla Pisana, ieri lo diceva dritto: «Totti ha ragione, questa dirigenza è lontana dalla città, non le vuole bene.
Il Mattino