Scudetto Napoli, intervista a Gianfranco Zola: «Questi azzurri più forti di noi»

«Lo stile del Napoli ha conquistato l'Europa del calcio»

Gianfranco Zola
«Lo stile del Napoli ha conquistato l'Europa». Parola di Gianfranco Zola, che partendo dalla serie C - anzi, «dalla strada», come precisa lui...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA FLASH
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

«Lo stile del Napoli ha conquistato l'Europa». Parola di Gianfranco Zola, che partendo dalla serie C - anzi, «dalla strada», come precisa lui orgogliosamente - è arrivato ai vertici del calcio con Napoli, Parma e Chelsea. La festa per lo scudetto se l'è goduta fino in fondo e avrebbe voluto stringere Spalletti e questi ragazzi in un forte e meritato abbraccio.

Zola, giorni di grande emozioni nella sua Napoli.
«Sì, esatto. Napoli resta nel cuore di chi l'ha vissuta. Perché chi va via, in realtà, non lo fa mai davvero, come ricordano ad esempio nei loro post Mertens e Hamsik, due che hanno giocato a lungo in maglia azzurra. Anche chi non è tifoso del Napoli, non può non apprezzare la gioia e la genuinità di questo popolo e il suo coinvolgente entusiasmo. E così non puoi non rallegrarti per lo scudetto, vinto con grande stile».

Qual è lo stile Napoli?
«Lo stile di una squadra che non soltanto ha vinto ma ha anche prodotto un calcio di altissimo livello. Divertendo, segnando tanto e difendendo bene. Vi sono state prestazioni eccezionali sotto tutti gli aspetti. Una stagione che sarà ricordata a lungo. A volte una squadra vince, magari con un distacco minimo, perché ha la migliore difesa, qui siamo davanti a qualcosa di assoluto. Lo dicono non soltanto i numeri, ovviamente».

È un rimpianto non aver raggiunto la semifinale di Champions?
«Premessa: il calcio del Napoli è di livello internazionale, a cominciare dalla pressione alta, dal possesso palla e dalla spiccata vocazione offensiva. Ma quando si arriva a un quarto di finale Champions la differenza la può fare l'assenza di un calciatore, e ricordo che nel Napoli era assente Osimhen a Milano, o un appannamento dei migliori giocatori. Il discorso non ha riguardato soltanto la squadra di Spalletti, altri club di primissimo piano sono stati eliminati. Il Napoli è uscito dallo stage pur essendo tra le migliori».

C'è uno tra i neo campioni d'Italia che più ha stupito Zola?
«Faccio una riflessione rispetto al mio Napoli, a quello che vinse lo scudetto trentatré anni fa. Qui ci sono calciatori straordinari come Osimhen, Kvara e Lobotka. Ma la peculiarità è l'essere squadra. E, sotto questo aspetto, è un Napoli più forte rispetto al nostro».

Anche se, Diego a parte, c'erano tanti campioni.
«Certo e ne cito alcuni: Ferrara, De Napoli, Crippa, Francini, Carnevale. Ma il principale valore era rappresentato da Careca e Maradona, due che facevano numeri straordinari in qualsiasi partita. Anche questo gruppo ha grandi solisti, però la sua vera forza è rappresentata dalla coralità, come si è visto dall'espressione del suo gioco e anche quando sono stati chiamati in causa calciatori meno utilizzati da altri. Tutti hanno interpretato benissimo il loro compito».

Spalletti ha detto durante la festa di domenica: «A Napoli veramente si realizzano i miracoli perché sono riuscito a vincere anche io lo scudetto».
«È un allenatore che si è fatto sempre apprezzare per il gioco delle sue squadre e per i calciatori che lui ha saputo migliorare. Nella scorsa estate erano partiti da Napoli giocatori non banali, preziosi nelle ultime stagioni come Insigne, Mertens, Fabian e Ospina. Il merito della società e di Spalletti è aver individuato i profili giusti per sostituirli e aver ottenuto un risultato storico».

Al momento la permanenza di Spalletti, l'allenatore del terzo scudetto, non è scontata: quale suggerimento può dare?
«Per fortuna, non sono obbligato a darne. Perché i pareri che si possono dare dall'esterno sono relativi. Conta solo quello che sente, vede e vuole Luciano. È evidente che un allenatore così bravo io non me lo lascerei scappare. Anzi, lo vorrei tenere per sempre».

C'è stata una dichiarazione toccante di Spalletti negli spogliatoi di Udine dopo lo scudetto: «Maradona ci ha messo la sua mano». In effetti, nella festa i tifosi e gli azzurri hanno coinvolto anche Diego.
«Quell'uomo ha fatto tanto per il Napoli quando era sulla terra e continua a farlo anche adesso che non c'è più. Maradona è riuscito a ispirare questi giocatori, a spingerli ad eguagliarlo e superarlo. E chi ha vinto gli scudetti nell'87 e nell'90 è rimasto così legato da aver esultato intensamente per questo risultato».

Ma è un risultato che apre un ciclo?
«Torno alla scorsa estate per ricordare che nessuno, dopo tante partenze, annoverava il Napoli tra le possibili candidate allo scudetto. E ne è invece venuto fuori un campionato che resterà negli annali, con la squadra che ha dato dimostrazione di forza e creatività. Ecco, dobbiamo goderci il momento. E lo scudetto».

Il Napoli ha vinto col 70 per cento di calciatori stranieri in rosa. Zola, vicepresidente della Lega di serie C guidata da Matteo Marani, che ne dice?
«Nella filiera del calcio italiano la serie C può essere importante per la serie A. C'è da lavorare sul mondo giovanile, a cominciare dalla formazione. Non è soltanto un fatto sportivo ma anche sociale ed etico. Bisogna creare le condizioni affinché questo possa accadere. Noi siamo al lavoro».

Ci sarà più uno come Zola, che dalla serie C (Torres) riesce ad arrivare nel Napoli di Maradona?


«Ma Zola è partito dalla strada, dove adesso non si gioca più. Bisogna lavorare sui vivai affinché vengano fuori calciatori come Baggio, Mancini, Zola. Si deve cercare di crearli in casa perché sui campi delle parrocchie si va sempre meno e i ragazzi non vanno col pallone in strada. I vivai possono essere una luce per il calcio italiano. Non basta la formazione. Servono anche le regole per far concretizzare questi progetti».  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino