Osimhen, piedi grandi e gambe forti: Victor fa paura con il suo 46

Osimhen, piedi grandi e gambe forti: Victor fa paura con il suo 46
Per capire Osimhen bisogna cominciare dai suoi piedi, e di conseguenza dal numero delle sue scarpe: quarantaseiemezzo. Pare che gli scappino. Loro vanno, lui arriva dopo. Qualcosa...

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Per capire Osimhen bisogna cominciare dai suoi piedi, e di conseguenza dal numero delle sue scarpe: quarantaseiemezzo. Pare che gli scappino. Loro vanno, lui arriva dopo. Qualcosa tra Maurizio Nichetti e i film Disney, un cartone animato. Grosse scarpe che gli corrono davanti. Osimhen non corre, viene trascinato dai suoi piedi, per questo è immarcabile: una gamba puoi intuire che mossa farà, ma un piede no, è un sasso sull'acqua. I disubbidienti piedi sono la sua forza, appena riuscirà ad ammaestrarli, segnerà anche di più. Per ora segnano i suoi piedi, mentre lui pensa a cosa fare: loro vanno, tirano, si smarcano, decidono come nemmeno le sanità regionali italiane. Nella lentezza di trasmissione del pensiero c'è la goffaggine del suo calcio, che, però, dinoccolato, strascicante, impacciato, traballante, porta i gol. Mao-calcisticamente potremmo dire: non importa che il piede ubbidisca o meno, ma che segni; e fin quando segna, non ci sono problemi. È brutto da vedere? Pazienza. Piedi grandi e gambe forti, falcia il campo e poi, però, gli scappano i piedi, un gol lo mette, gli altri li perde, pazienza. Ci sta lavorando, sta cercando di ammaestrare i suoi piedoni. Anche lo scrittore Luciano Bianciardi aveva i piedoni e si disperava non dovendo rincorrerli, ma trovandosi a dialogare con loro di notte, quando si accorgeva del problema: il nichilismo dei suoi piedi. Osimhen ride, sottolinea errori e gol con grandi risate di distensione, vive il problema diversamente. 

Pur avendo due lunghissime falangi pedestri, e trovandosi nella situazione clownesca di inseguirli, non si perde d'animo, e intanto segna pure, come è successo col Torino, beffando Bremer e Sirigu, con un colpo piedesco di carambola e rimando. La fortuna dei piedi fuggiaschi di Osimhen è di aver un gran corpo di supporto, che riesce a star loro dietro, perdendo giusto quell'attimo che diventa l'inganno per il marcatore, altre volte quella distanza tra il corpo e i piedi diventa l'inciampo che crea l'impaccio e di conseguenza l'errore, ma tutto sommato, Osimhen non può lamentarsi dei suoi piedi, son lazzari, ma non sfaticati. Si possono immaginare le loro discussioni post gara, comunque col gol portato a casa che ne attenua i lamenti, le recriminazioni. Osimhen e lo capiamo vorrebbe avere due sentenze al posto dei piedi, assicurarsi la certezza di centrare sempre gli angoli nei quali mira, e, invece, i due piedoni in un compiacimento bambinesco piazzano qualche maligna svirgolata, qualche corruzione di traiettorie, provando un piacere intimo che è tipico dei piedi non irreggimentati. Fin da quelli di Pinocchio che lo portarono lontano dal campo di gioco e dalle regole di Geppetto, il piede disubbidiente è andato via, anzi è già tanto che Osimhen riesca ad ottenere questi risultati. Ci sta lavorando, è una lenta mediazione, li sta educando, e non può nemmeno sperare che litighino tra loro, alleandosi con uno solo. E rischiando una vedovanza pedestre, uno sciopero alternato che minerebbe il dribbling, perché non sembra ma per giocare bene servono due piedi, non basta quello col quale si calcia. Insomma, appena Osimhen riuscirà a governare i suoi piedoni segnerà di più, sbaglierà di meno, e il Napoli si ritroverà un grande attaccante, per ora ne ha uno costretto a rincorrere i suoi piedi, la loro forza e indipendenza, e a subirne le bizze, incontrollate da cartone animato. Piedi con sentimenti troppo profondi e misteriosi per essere già controllati. È l'irrazionalità africana, il suo essere bambina fin dall'antichità: troppa forza, troppo mistero, troppi piedi. 

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Il Mattino