Si sono inseriti nei loro profili facebook, spacciandosi per «fratelli» tifosi azzurri e li hanno studiati per settimane, fino a conoscere i loro spostamenti. Solo a...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Stessa tecnica usata in un altro contesto, appena qualche mese fa, dai teppisti azzurri nell'aspettare nei pressi dell'aeroporto di Capodichino i tifosi della Roma che avevano fatto scalo da Barcellona: anche qui, raccolta di informazioni sui social, aggressione mirata, bottino militare e mediatico assicurato.
Indagini in corso, si cerca ora di stabilire di chi sia la responsabilità del delitto di Belardinelli. Ipotesi omicidio volontario. Otto indagati (ma il numero è destinato a salire), cinque auto riconosciute come quelle in transito a Milano. Oltre alla Volvo V40 nera, quella a bordo della quale c'erano i primi cinque indagati (tra cui un minore), c'è anche una Transit, anche in questo caso modello station wagon e di colore scuro: un'auto che reca alcune ammaccature nella parte anteriore su cui è logico attendersi delle verifiche di polizia giudiziaria.
Ammaccature sul davanti, dunque, spetta agli inquirenti capire se sono compatibili con l'investimento del 39enne ucciso a Milano. Clima rovente, la tensione corre sui social e diventa virale. Come le offese, ai limiti delle minacce, a carico dell'avvocato Emilio Coppola, il penalista che si è assunto l'onere di difendere due dei quattro indagati in questa indagine per omicidio. Offese, ingiurie contro chi ci ha messo la faccia, anche davanti alle telecamere, in uno scenario su cui si muove la Digos del primo dirigente Francesco Licheri.
Ma torniamo alle indagini milanesi. Oltre all'ipotesi di omicidio, si lavora anche sulle ipotesi di rissa e lesioni a carico degli interisti. Ed è in questo scenario che il gip Guido Salvini ha deciso di rigettare la richiesta di scarcerazione di Marco Piovella, il capoultrà interista, finito in cella otto giorni fa per quell'agguato alla carovana azzurra. Spiega il gip: «Ha seguito la regola dell'omertà» dei gruppi della curva, e ha mantenuto un silenzio tombale sui punti decisivi dell'inchiesta, che rappresenta anche «un forte ostacolo» per l'individuazione del responsabile della morte dell'amico Daniele Belardinelli.
Un «atteggiamento» il suo, data la sua «leadership» tra gli ultras nerazzurri, che potrebbe portare anche a nuovi scontri «qualora l'occasione nuovamente si ripresenti in altre e prossime trasferte dei tifosi con un rischio acuito dalla volontà di rappresaglie». È per questi motivi che per l'imprenditore-designer e capo dei Boys nerazzurri, detto «il rosso», viene respinta l'istanza di domiciliari della difesa, per altro in linea con il parere del procuratore aggiunto Letizia Mannella e dei pm Rosaria Stagnaro e Michela Bordieri.
E non è tutto. Spiega il gip: un eventuale ritorno a casa di Piovella rischia di alimentare quella tensione che corre sul filo dei social, vale a dire gli stessi strumenti usati per costruire l'agguato perfetto all'insaputa di tutti. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino