Nicolò Zaniolo si racconta ripercorrendo le prime fasi della sua carriera fino all’arrivo alla Roma dove è esploso convincendo il mondo del...
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Nicolò passa in rassegna i momenti che hanno cambiato la sua carriera tra cui l’esordio in Champions League contro il Real Madrid: «Il mister fece la riunione tecnica alle 11. Non annunciò la formazione, ma mi disse che voleva parlarmi a fine riunione. Lì mi comunicò che avrei giocato, mi chiese se ero pronto. Io gli ho detto di sì. Invece di riposare, sono stato tutto il giorno in camera a guardare il soffitto. Poi una volta arrivato allo stadio, ho pensato solo a giocare e a fare quello che sapevo. Quando sei in campo pensi solo a quello. De Rossi è venuto a dirmi di stare tranquillo. Di giocare come sapevo, a due tocchi. Anche Totti è venuto a dirmelo».
Ma cambiare tutto è stata la doppietta contro il Porto: «Sono cambiate le attenzioni nei miei confronti. E anche nei confronti delle persone che mi stanno attorno. Però voglio che si parli molto di più di me e di quello che faccio in campo, rispetto a quello che c’è fuori. A me piace molto il calcio, questa è la mia passione. Sono contento della mia stagione e spero che continui così. È un’emozione che ancora adesso non riesco a descrivere. Forse non ho ancora realizzato quello che è successo la scorsa settimana. Ora però devo allenarmi, penso a quello: andare forte sul campo per avere altrettante soddisfazioni».
Nonostante le attenzioni di club blasonati che lo vorrebbero ingaggiare, Zaniolo ha promesso amore eterno alla Roma: «Alla fine giocando in squadra con De Rossi e Florenzi, o vedendo a quello che ha fatto Totti, capisci quanto si può essere attaccati a questa squadra e a questi tifosi. Sarebbe un sogno fare le stesse cose. Io ora penso ad allenarmi e a giocare».
GLI ESORDI
Impossibile non tornare indietro nel tempo quando Zaniolo è stato scartato dalla Fiorentina: «Dopo sette anni trascorsi lì mi ero fatto i miei amici, mi sentivo in famiglia. È stata una doccia fredda e ci ho pianto una settimana intera. Poi mi sono rimboccato le maniche. Sono andato all’Entella, vicino casa e alla mia famiglia, e da lì è nato tutto». Poi il trasferimento all’Entella che ha dato una svolta alla carriera: «Ero in Primavera e non giocavo, dovevo ancora ambientarmi, ero arrivato a preparazione già finita. Mi ritrovai nel bar di mio padre a La Spezia, che piangevo. Gli dicevo “se non riesco a giocare qui, forse devo fare qualcos’altro nella vita”. E lui mi rispose: “Fai l’ultima settimana, a mille, fatta bene, senza pensare”. L’ho fatta e da lì non sono più uscito». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino