L'intuizione della stampa in plastica e l'addio alle iniezioni con quel sinistro tintinnio di metallo

Come l'invenzione del modello monouso ha rivoluzionato il mondo

L'intuizione della stampa in plastica e l'addio alle iniezioni con quel sinistro tintinnio di metallo
Dal raggelante tintinnio di acciaio e vetro che ormai si perde nella memoria, all’iconico e (quasi) indolore “già fatto?”, fino al simbolo di speranza...

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Dal raggelante tintinnio di acciaio e vetro che ormai si perde nella memoria, all’iconico e (quasi) indolore “già fatto?”, fino al simbolo di speranza negli anni più bui della pandemia, quando l’ago è stato sinonimo di vaccino.

La siringa è il presidio sanitario minimo ed essenziale, si vede, si sente (sempre meno), cambia, evolve, ma sono rivoluzioni silenziose e quasi invisibili, non per questo però meno geniali. Per dire: la siringa a un certo punto è stata pure una sorta di metro per misurare gli sprechi nella sanità, “se costa 10 nella tale Regione, perché costa il doppio nell’altra?”. Spauracchio per intere generazioni di bambini e ragazzini, e forse non solo, c’era un tempo nel quale la siringa temuta lo era per davvero e a buon titolo. Il vero spartiacque fu l’invenzione della siringa monouso, a metà degli anni ‘50: via i rischi d’infezione da parziale sterilizzazione, via le paure, “tocco” sempre più delicato e meno invasivo. E pazienza se quel brivido lungo la schiena un po’ corre comunque quando c’è da fare l’iniezione. Tutto cominciò nel 1853, quando Charles Pravaz e Alexander Wood svilupparono siringhe con un ago sufficientemente sottile per perforare la pelle. Il francese Pravaz optò per l’argento, sfruttando un meccanismo a vite per erogare il principio attivo. Il britannico Wood scelse il vetro e un sistema a stantuffo: è la siringa arrivata fino ai giorni nostri. Il vetro oltretutto consentiva una sterilizzazione più sicura tramite bollitura: nelle corsie di ospedale il borbottio dell’acqua nei bollitori era un sottofondo continuo. E i kit per iniezioni, anche quelli casalinghi, prevedevano siringa, uno o due aghi di ricambio e relativo tintinnio di metallo e vetro che non prometteva nulla di buono. Gli aghi inizialmente erano in metalli preziosi, o comunque refrattari all’ossidazione: punta obliqua per perforare più facilmente i tessuti, e periodica necessità di “rifilarla” su carta abrasiva o superfici consone. Negli anni ‘50 del secolo scorso però arriva l’intuizione illuminante: le prime siringhe stampate in plastica che può essere sterilizzata a caldo. Nel 1956 è il farmacista e inventore neozelandese Colin Murdoch a ottenere i brevetti per una siringa di plastica usa e getta. In Italia prenderà piede lentamente, fino al culmine del fortunatissimo spot tv del citato “già fatto?”, con i bimbi meravigliati per l’esito indolore dell’iniezione. Perché la scienza, soprattutto quando progredisce, è vita e perciò sorr

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Il Mattino