L'intelligenza artificiale metterà il «turbo» al progresso scientifico, perché permetterà di vincere la sfida sempre più pressante...
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«Quello che stiamo vivendo - spiega Curioni - è solo l'inizio di una crescita esponenziale dei dati, che entro il 2025 raggiungeranno i 165 zettabyte», ovvero 165 mila miliardi di gigabyte. «Il problema è che questa crescita esplosiva non è centralizzata ma distribuita, perché i dati li produciamo tutti noi, anche con un semplice smartphone. Per l'80% sono "dark data", ovvero dati non strutturati, come ad esempio testi, foto, video e audio, e le previsioni ci dicono che cresceranno fino al 93% entro il 2020». Per affrontare questa mole di informazioni «i vecchi metodi di computing non possono più funzionare: qui si inserisce la rivoluzione dell'intelligenza artificiale, che ci aiuterà a semplificare l'elaborazione dei dati dando senso anche a quelli non strutturati». Sotto questo punto di vista, continua l'esperto Ibm, «l'intelligenza artificiale è il miglior strumento che abbiamo per accelerare il progresso scientifico: il processo di ricerca e sviluppo non sarà più lineare ma integrato, richiederà meno sforzi, e ci porterà verso una "cognitive discovery", ovvero una capacità di fare scoperte che sarà collegata alla quantità di dati disponibili». Questa trasformazione solleva molte questioni etiche, a cui l'Ibm come altre aziende ha risposto fissando dei paletti: «Vogliamo aumentare e non sostituire l'intelligenza umana, garantire trasparenza sull'uso dei dati e collaborare - conclude Curioni - affinché la conseguente trasformazione del mondo del lavoro avvenga nel modo più utile alla società». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino