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Un intero villaggio pre-romano ricostruito per intero, con capanne e luoghi di culto, palizzate e fossi.
E naturalmente comparse e attori da truccare, luci e mezzi da alimentare, catering da gestire. Il set di Romulus 2, seconda stagione della serie kolossal di Matteo Rovere, in autunno su Sky, poteva essere un incubo ambientale: «L’impatto di una serie del genere è come quello di otto film - spiega Lorenzo Vecchi, direttore generale della società Zen 2030 ed eco-manager di Romulus 2 - cioè circa 1800 tonnellate di CO2. Avevamo un problema: abbiamo provato a risolverlo in modo scientifico». E così, da potenziale bomba ecologica, Romulus 2 è diventato un modello virtuoso di set “verde”, per la riduzione dell’impatto sul territorio (una cava di travertino a Guidonia, alle porte di Roma) e la compensazione operata.
LE DIRETTIVE
«Innanzitutto abbiamo attuato un controllo rigido sui materiali usati per la costruzione dei villaggi.
CONSAPEVOLEZZA
Al momento, spiega Vecchi, i fornitori coinvolti da Zen 2030 sarebbero poco meno di 200, con alcune produzioni virtuose fra cui la Groenlandia di Romulus 2 ma anche «Wildside, che si serve del protocollo green di Fremantle. Il cinema si interessa, ma tutto è in divenire: siamo all’inizio. Una forte spinta è arrivata negli ultimi due anni grazie all’interessamento delle grandi aziende come Netflix, Amazon e Sky, e delle film commission sul territorio». Un approccio rigorosamente “glocal” che punta a risolvere un problema globale - quello dell’ambiente - usando vettori locali, ovvero l’industria dell’audiovisivo. Quanto al tempo necessario per raggiungere l’obiettivo agognato, convertendo tutta la filiera di cinema e tv alle emissioni zero, a dettarlo sarà, spiega Vecchi, «la legge della diffusione dell’innovazione, secondo cui la curva di circolazione di una nuova tecnologia fatica a crescere finché non ha raggiunto il 16% delle persone. Dopodiché si impenna. L’obiettivo è arrivare a quella quota».
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