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È il robot ghepardo l'ultimo animale che l'uomo ha copiato dalla natura. È meno snello nel fisico, ma ugualmente agile e capace di accelerare e correre fino a 50 chilometri orari con grande stabilità.
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È stato costruito negli Stati Uniti, presso il Massachusetts Institute of Technology (Mit), e sarà presentato alla Conferenza Internazionale sui Robot e Sistemi Intelligenti in corso a Chicago fino al 18 settembre. Il robot-ghepardo è così veloce grazie ad un algoritmo sviluppato dal gruppo di ingegneri meccanici coordinato da Sangbae Kim.
Ogni zampa è programmata in modo da esercitare una certa quantità di forza ogni volta che tocca il terreno: in questo modo è possibile mantenere costante la velocità. Per questo, più veloce si vuol far correre il robot, maggiore è la forza che si deve imprimere. Il ghepardo però è solo l'ultimo arrivato dei automi che imitano gli animali, in una sorta di zoo robotico al quale l'Italia contribuisce in modo importante.
«Abbiamo costruito anguille e polpi robot, solo per citare quelli acquatici, e poi ma anche lombrichi, topi e gechi», osserva Cesare Stefanini, ricercatore di Bio-robotica della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa. Progettare e costruire automi che imitano la natura è una continua sfida: «si costruiscono robot che si muovono come gli animali per farli lavorare al fianco dell'uomo: sono più forti, più agili e capaci di svolgere lavori pesanti».
Costruirli «aiuta inoltre a carpire i segreti di alcuni animali, come la capacità dei gechi di camminare a testa in giù su pareti lisce», prosegue il ricercatore. «In questo modo, per esempio, abbiamo capito che le zampe del geco sono 'equipaggiatè con minuscoli ganci». Riproducendo il polpo, i ricercatori sono riusciti a costruire un robot con tentacoli capaci di afferrare e di compiere operazioni complesse, come aprire un vaso. È stato costruito anche un robot-topo, con tanto di pelliccia per renderlo più vero possibile: chiuso in gabbia con un topo vero, gli ha insegnato come aprire un erogatore di cibo. Esiste infine il robot-pesce che, "infiltrato" in un banco di veri pesci, sa guidarli in zone sicure o, al contrario, può accompagnarli verso la rete che li pescherà.
«Il sogno più grande - conclude Stefanini - sono i robot-formica. Costruirli significherebbe mettere a punta una macchina con una forza straordinaria ed una notevole capacità organizzativa».
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Il Mattino