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«Un annuncio gioioso, una cultura dialogante, rispettosa, responsabile, cosciente di sé» proprio come si sta studiando al Sinodo in corso in Vaticano: è questo l'antidoto per invertire l'abbandono della fede cattolica da parte di un numero sempre maggiore di italiani ed europei. I dati sulla pratica religiosa in Italia – un italiano su due non crede più e gli atei raddoppiati – fanno parte di una ricerca choc presentata in questi giorni a Camaldoli dalla rivista Il Regno. Il convegno dedicato ai cattolici e all'Europa è stato chiuso stamattina dal cardinale Pietro Parolin che ha fatto riferimento alle difficoltà generali che ci sono. Porvi rimedio non è facile ma Parolin ha fatto riferimento al Sinodo in corso: «Possa il percorso sinodale in atto aiutarci a riscoprire la comunione quale via dell’evangelizzazione, per essere testimoni più coerenti e credibili di unità e di pace oggi, per il continente europeo».
Crollo della fede tra gli italiani, uno su due non crede più e gli atei sono raddoppiati: il dossier
Parolin ha poi evocato gli Atti degli apostoli: «Credo che in una società frammentata, in una vita frammentata, piena di interrogativi e di aporie, abbiamo bisogno di accogliere nuovamente (…) Portare nuovamente il messaggio del Vangelo all’Europa e agli europei: come allora fu una domanda inaspettata per Paolo, così oggi è un interrogativo latente, ma presente, in tanti nostri fratelli e sorelle, solo in parte anestetizzati dal secolarismo consumistico.
Il segretario di Stato ha parlato anche dell’invasione dell’Ucraina: «la guerra e la devastazione del suo territorio comportano la distruzione anche delle regole e dei diritti internazionali sui quali si basa la possibilità di una convivenza pacifica, fino alla minaccia dell’estremo ricorso all’uso delle armi nucleari. L’Europa non può accettare che si ritorni a un sistema che ridisegna i confini con la forza».
«Oggi, di fronte a guerre neo-imperialiste e a visioni che richiamano un passato che si credeva superato – ha proseguito Parolin – è urgente ribadire la condanna dei nazionalismi, particolarmente di quelli di matrice etnica. È una macchia che grava sulla storia europea ed è foriera di nuove tragedie. I fondamentalismi e i nazionalismi di vario genere non possono essere legittimati, così come ogni forma di sacralizzazione e di mitizzazione dell’idea di nazione. L’una è una forma di negazione della vera ispirazione religiosa, l’altra una forma di neo-paganesimo. Si tratta di forme che nulla hanno a che fare con la legittima valorizzazione della comunità nazionale e con una autentica ricerca del bene comune. Inoltre, credo che mentre di debba agire per ristabilire l’assoluta necessità di un ordine internazionale solidale e pacifico, non si possa non riconoscere il valore pieno degli ordinamenti istituzionali fondati sulla partecipazione democratica dei cittadini, indispensabili per allontanare lo spettro della guerra».
Il Mattino