Cambia il Def: rapporto deficit/Pil 2015 in calo al 2,6%

di Luca Cifoni
Mercoledì 29 Ottobre 2014, 06:06 - Ultimo agg. 08:35
2 Minuti di Lettura
ROMA L'Italia si ferma a metà strada: tra la soglia invalicabile del 3 per cento nel rapporto deficit/Pil e il 2,2 che era l'andamento tendenziale dello stesso parametro nel 2015, il governo ha fissato un valore programmatico al 2,6. La nota di variazione approvata ieri dal Consiglio dei ministri recepisce gli impegni presi con l'Unione europea, che hanno permesso al nostro Paese di evitare una bocciatura della legge di Stabilità.



L'ulteriore correzione da 4,53 miliardi vale in rapporto al prodotto circa lo 0,28 per cento. Si aggiunge a quella già messa in cantiere con la prima versione del documento di economia e finanza (Def) e del corrispondente documento programmatico di bilancio inviato a Bruxelles, indicata nello 0,1 per cento in termini strutturali (ossia al netto degli effetti del ciclo economico). Si trattava in realtà di un valore arrotondato, un po' più basso (0,06): il totale dell'aggiustamento arriva così allo 0,34 circa. Un numero non molto lontano dallo 0,5 richiesto a tutti i Paesi dai Trattati europei e pari più o meno alla metà di quello 0,7 che si attendeva dall'Italia, in quanto Paese con alto debito.



EQULIBRIO NON FACILE

Insomma quello raggiunto con la commissione ha l'aspetto del più classico dei compromessi. Il ministro dell'Economia, intervenuto in serata davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato per mettere al corrente i parlamentari delle novità, ha parlato di «un equilibrio non facile, su cui il governo continua a lavorare, tra continuazione del risanamento delle finanze pubbliche e stimolo alla crescita». Pier Carlo Padoan ha riepilogato brevemente le nuove misure già illustrate nella lettera alla Commissione. Ma il confronto non era tanto tecnico, quanto piuttosto politico-procedurale. Fin dalla mattinata infatti le opposizioni, in particolare Forza Italia e il Movimento 5 Stelle, avevano chiesto che il Def aggiornato fosse nuovamente sottoposto a votazione, a maggioranza qualificata, perché il documento originario conteneva anche la richiesta - da parte del governo - di autorizzare la deroga al principio della convergenza verso il pareggio di bilancio. Interpretazione non condivisa da esecutivo e maggioranza, visto che tra l'altro le nuove cifre migliorano i saldi e dunque rendono la deroga stessa meno sostanziale. Ora la decisione toccherà ai presidenti di Camera e Senato: ovviamente un voto a maggioranza qualificata potrebbe essere uno scoglio per la tenuta del governo.



Replicando alle osservazioni di deputati e senatori, Padoan ha negato che con la trattativa di questi giorni ci sia stata una «resa all'Europa» e ha ricordato che il nostro Paese deve ancora essere valutato sulla regola del debito, per cui una procedura da parte di Bruxelles «non è ancora scongiurata». Ma la commissione, grazie all'impegno italiano per le riforme, ha dato la «prima applicazione» al principio della flessibilità.



Il ministro ha poi riconosciuto che le variazioni alla manovra originaria comportano «per definizione un effetto espansivo minore», aggiungendo però che le misure scelte sono «il male minore». In ogni caso la riduzione della pressione fiscale già pianificata «non viene intaccata».