Pinotti: «Non sottovalutiamo l’Isis, non ci saranno tagli alla Difesa»

Pinotti: «Non sottovalutiamo l’Isis, non ci saranno tagli alla Difesa»
di ​Diego Del Pozzo
Sabato 25 Luglio 2015, 10:45 - Ultimo agg. 10:46
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«L’Isis è un pericolo concreto e non vorrei che lo si stesse sottovalutando. Io sono mamma di due figlie adolescenti e mi trovo spesso a dover spiegare loro quanto sta accadendo, per rassicurarle e aiutarle a comprendere un fenomeno complesso».



Il ministro della Difesa Roberta Pinotti ha il dono di parlare con estrema chiarezza rivolgendosi ai giovani del Giffoni Experience, il festival internazionale del cinema per ragazzi che ieri pomeriggio l’ha vista ospite di una densissima masterclass moderata dal direttore de “Il Mattino” Alessandro Barbano.



Gli argomenti sono tanti: dalle continue tragedie sui barconi che partono dalla Libia e affondano nel Mediterraneo, al recente rapimento dei quattro italiani in un Paese sempre più diviso e ingovernabile; dai possibili nuovi tagli alla Difesa (“Ma non ce ne saranno, perché abbiamo già dato”) all’avanzata dello Stato Islamico, dalla possibile riforma dell’Onu alle azioni di contrasto da mettere in campo contro gli scafisti e alla riforma delle forze armate (“Proseguiamo lungo una logica interforze e daremo sempre più spazio alle donne”).



La Pinotti arriva nella sede della «masterclass», nelle Antiche Ramiere di Giffoni Valle Piana, assieme al Capo di Stato maggiore della Difesa, il generale Claudio Graziano. E i giovani, dopo l’intervento introduttivo del direttore del Giffoni Experience, Claudio Gubitosi, seguono in silenzio con grande interesse le sue risposte, sollecitandola con considerazioni non banali.



Che cosa dice alle sue figlie quando le chiedono dell’Isis?

«Spiego loro che si tratta di un pericolo reale, ma che il Governo italiano e la comunità internazionale stanno mettendo in campo gli strumenti necessari per poterlo affrontare. Rispetto ai nemici del passato, questo tipo di estremismo è più subdolo e fa un utilizzo aberrante dell’odio promosso a valore, attraverso una propaganda che diffonde il terrore con le tecniche dei videogiochi e delle nuove tecnologie e che, proprio per questo, ha un’efficacia notevole nei confronti dei più giovani. Loro lo sanno e si comportano così per spaventarci e costringerci a cambiare il nostro modo di vivere. E invece, io credo che la prima cosa da fare sia proprio continuare a vivere come sempre, coscienti del fatto che l’espansione dell’Isis in Libia sia preoccupante, ma anche di avere in Italia un sistema preventivo all’altezza della situazione. Anche l’allarmismo seguito ai recenti arresti di jihadisti in Italia lo trovo immotivato, perché se tali arresti avvengono vuol dire che governo e forze dell’ordine fanno il loro dovere».



La Libia, però, è un Paese nel caos, in che modo va gestita quest’area di crisi?

«Il primo passo deve essere un governo libico di unità nazionale che poi venga riconosciuto dalla comunità internazionale. Tre giorni fa ho incontrato Bernardino Leòn, l’inviato speciale dell’Onu per la Libia, col quale ho parlato proprio di questa urgenza. E lui mi ha ribadito il suo ottimismo. I governi di Tobruk e di Tripoli hanno sottoscritto l’accordo, ma vi sono resistenze da parte degli islamisti, anche perché sanno che proprio a Tobruk si voterà a ottobre e anche loro considerano strategica quella scadenza elettorale per provare a espandersi ulteriormente”.



Resta il fatto che la Libia attualmente sia un autentico coacervo di tribù.

«Fino a quando in territorio libico vi saranno le attuali divisioni sarà complicato controllare l’espansione dell’Isis, ma anche le partenze dei barconi degli scafisti e la gestione dei flussi dei migranti. Il problema è che in un Paese simile, con culture e tradizioni così diverse dalle nostre, è rischioso e sbagliato intervenire applicando le nostre categorie occidentali. L’utilizzo della forza, da solo, non può essere una soluzione efficace, se non vi è un progetto per quanto viene dopo. Se riesci a deporre Gheddafi, devi anche sapere che cosa può venire dopo. In tal senso, anche gli esiti delle varie “primavere arabe” sono stati diversi da come si poteva immaginare. La sola Tunisia ne era uscita in maniera più strutturata e, non a caso, è diventata un obiettivo primario dell’estremismo islamico».



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