Sangue Mostro, i Fab Four
del rap newpolitano

I quattro Sangue Mostro in una foto di Gaetano Massa
I quattro Sangue Mostro in una foto di Gaetano Massa
di Federico Vacalebre
Venerdì 24 Gennaio 2014, 18:24 - Ultimo agg. 18:58
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Ci i hanno avvertito che erano in dirittura di arrivo in largo anticipo, ormai un anno fa, con un singolo bombastico come Stammo venenn’, ma ce l’hanno fatta: Cuo-Rap il secondo album dei Sangue Mostro, supergruppo dell’hip hop newpolitano.







E la lunga attesa è premiata: i Fab Four sanno tenere insieme old e new school, veracità underground e ritmi freschi, rime feroci e voglia di divertire. Trattasi di «edutainment», ricorda - da fan di Krs One - Speaker Cenzou, antesignano del rap partenopeo, prima con La Famiglia e i 99 Posse di «Curre curre guagliò», poi da solo. E con lui concordano in pieno gli altri due mc, Ekspo e Ale Zin, che vengono dai 13 Bastardi, e Dj Uncino, che garantisce groove pompatissimi.



«Chisto è ’o suono d’’e guagliune ca nun vedono futuro/ si sta musica è ’a speranza ca’ me fa scurdare ’e paure/ Ma già saccio ca nun serve a niente si resto ’ntalliato/ picciò mo’ ne chiavo ’nata ancora e pompo comm’acchè» scandiscono i versi di «Rinascimento», brano trascinante illuminato anche dal contributo di Clementino, come Zulù, ’Ntò, Dj Gruff, Papa J, Kayaman, Jovine, Napoli Rap Art, Wena, AG e il pianista Francesco Villani accorso al richiamo degli amici/colleghi/maestri.



L’ampolla di San Gennaro nel nome e nel logo, coccolati da un’etichetta indipendente verace come la Jesce Sole, i quattro mettono d’accordo tecnica e passione, good vibration e liriche lucide e arrabbiate. Pezzi più escapisti convivono con la rabbia militante di «Repressione», il funky ed il soul ricordano come sia iniziato tutto nel Bronx, le parole ricordano come si viva, e si rappi, nel Bronx vesuviano.



«Strada facendo ci siamo accorti che la cosa funzionava troppo», spiega Speaker Cenzou, il megafono di piazza San Gaetano, oggi pure producer con il suo Sodo Studio, «e abbiamo capito che anche a costo di allungare i tempi e di far crescere i costi dovevamo metterci altre rime, altri ritmi, altre storie». Nessun problema, spiega, con le rispettive carriere soliste: «La crew non è mai stata un bastone tra le ruote per le nostre attività, né viceversa. Il nostro passato, però, ci obbliga a volare altro. ”L’urdimu tip!”, il nostro album di debutto, è del 2008, in questo bis abbiamo raccolto e unito vent’anni di hip hop del golfo. Da La Famiglia e i Tredici Bastardi a Oyoshe e i Kimikon Twinz».



«I magliari» campiona la voce d’epoca di Mario Trevi, «Easy come easy go» cita Pino Daniele («’o dicette pure ’o Pinotto/ ma che te ne fotte»), «Napoli pt. 3» riparte da «Napul’è» del Nero a Metà e da «Napolì» dei 99 Posse, ma annoda anche fili più autobiografici: sul cd d’esordio dei 13 Bastardi c’era «Napoli pt. 1», su quello dei Sangue Mostro l’episodio successivo. Ora siamo al tris: «’A pizza e ’e sfogliatielle sempe impicciate mmiezz’ e stesse tarantelle... Napul’è ’a vita che te piglia a muorze... Napul’è chelle che nun te fanno vede’». E vai con un flow emozionante, feroce, voce di dentro di una città che forse solo nelle rime hip hop ha il coraggio per raccontarsi insieme bellissima e degradata, «come una principezza costretta a vivere da zoccola»: «Siamo figli di Mario Merola e Aurelio Fierro, di Renato Carosone e di Pino Daniele», continua il bambino cattivo Cenzou, «rappiamo, ma sappiamo di essere nel solco di una tradizione nostrana che noi, facendo gli americani, portiamo verso Afrika Bambaatta e A.G. dei Diggin in The Crates Crew: a 13 anni compravo i suoi dischi alla Flying Records di Santa Chiara, ora ci togliamo lo sfizio di ospitarlo nel nostro».



Ironici («71»), scapocchioni, ballabilissimi (sempre siano lodati per questo, troppo rap sta scordando che in principio era il beat), i SM allargano e restringono i confini di un genere ormai di maggioranza relativa (se non ancora per ascoltatori, di sicuro per il numero di chi lo pratica), voce di ghetti sempre più senza voce: «Siamo figli della cultura hip hop, non della moda. E queste cose le porteremo anche in tour. Oggi che il rap si vende nei supermercati noi sappiamo che c’eravamo quando nessuno sapeva che cosa significasse. Sappiamo che questo è il nostro modo di comunicare, sperare, urlare, lottare».



Batte forte il «Cuo-Rap» di Partenope: l’album è già su iTunes e da martedì sarà nei negozi il cd. Piaccia o meno, questo è il suono della giungla newpolitana oggi.
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