Uccise il padre perchè “era un violento”. Architetto sotto processo

Uccise il padre perchè “era un violento”. Architetto sotto processo
di Teodora Poeta
Giovedì 11 Giugno 2020, 09:33
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L’architetto 46enne Giuseppe Di Martino è stato rinviato a giudizio per aver ucciso, esattamente un anno fa, suo padre Giovanni nella loro casa a Silvi Marina. Un omicidio commesso, secondo l’accusa, volontariamente con l’aggravante del vincolo di parentela. Presente durante l’udienza preliminare di fronte al gup Roberto Veneziano la sorella del meccanico 73enne, Maria Di Martino, indicata come parte offesa dalla Procura insieme alla moglie Anna Ramogida. Ma ad oggi non c’è stata nessuna costituzione di parte civile.

Tuttavia, all’uscita dal Tribunale è stato il suo legale, l’avvocato Libera Cesino a dire: «Siamo tanto soddisfatti per il lavoro fatto in particolare dalla Procura che in sede d’udienza ha descritto in maniera dettagliata tutto l’excursus della vicenda violenta e cruenta, considerato che parliamo di un parricidio, e contestualmente anche del lavoro del gup Veneziano che ha pronunciato il rinvio a giudizio». Sull’altro fronte, toccherà, invece, adesso alla difesa, a settembre, quando si aprirà il processo di fronte alla Corte d’Assise, tentare di dimostrare che Giuseppe, in realtà, non voleva uccidere suo padre, così come lui ha sempre sostenuto, ma voleva invece difendere sua madre che sarebbe stata aggredita durante l’ennesimo litigio familiare, quella sera in particolare quando aveva deciso di lasciare il marito.

«Giuseppe è ancora profondamente addolorato per quanto accaduto al padre – ha commentato dopo l’udienza di ieri il difensore dell’imputato, l’avvocato Marco Pierdonati -. Abbiamo piena fiducia nei magistrati di cui in questi anni trascorsi a Teramo ho avuto modo di conoscerne il lavoro e apprezzarne sempre la serietà e la preparazione. Ritengo che con un’adeguata difesa tecnica possa però emergere nel corso del giudizio che si sia trattato di una tragica disgrazia. Non dimentichiamo, d’altra parte, che il Tribunale della libertà dell’Aquila a suo tempo ha accolto la nostra richiesta di riesame, sostituendo la misura della custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari».
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