La postina: «In centro lo stesso silenzio come dopo il 6 aprile»

La portalettere dell'Aquila Erminia Alimonti
La portalettere dell'Aquila Erminia Alimonti
di Sabrina Giangrande
Mercoledì 22 Aprile 2020, 00:44 - Ultimo agg. 09:25
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L’AQUILA In una città spettrale, i portalettere sono tra le poche figure autorizzate a muoversi per assicurare un servizio dichiarato essenziale per il Paese. Da sempre punto di riferimento per le comunità, ai tempi del Coronavirus nelle case oltre a lettere e pacchi, portano anche un pezzo di quella normalità tanto desiderata in questi giorni. 

Erminia Alimonti, fa la portalettere all’Aquila dall’aprile del 2004. Cinquantadue anni, due figli e una nipotina, vive nel capoluogo ma è originaria di Campotosto. È una dei 126 dipendenti del Centro di Distribuzione di Centi Colella. 

Voi portalettere in questi giorni complicati svolgete un servizio dichiarato essenziale per il Paese. Che aria respirate in città e tra voi colleghi?
«La città è praticamente deserta, come deve essere. Noi portalettere siamo tra i pochi a poter circolare. Io mi muovo da tanti anni soprattutto nel centro storico ed ero in servizio anche durante il terremoto del 2009. Per alcuni aspetti il clima è molto simile. Tra noi colleghi all’inizio c’era un po’ di paura, ma superata l’incertezza iniziale abbiamo ripreso a svolgere il nostro lavoro al meglio. Tra di noi c’è un clima di solidarietà e di collaborazione, anche se abbiamo dovuto stravolgere le nostre abitudini lavorative. Con i cittadini abbiamo dovuto imparare presto a rispettare le norme del distanziamento sociale e spiegare loro le nuove modalità di recapito, stabilite dal Dpcm del 17 marzo, che all’articolo 108 disciplina il servizio postale».

Cosa è cambiato nel vostro lavoro con l’emergenza?
«La differenza più importante è che non c’è più il contatto diretto con la gente, che ha sempre caratterizzato il nostro lavoro. Per la corrispondenza a firma (raccomandate, atti giudiziari, assicurate e pacchi), infatti, dopo aver accertato la presenza in casa del destinatario firmiamo per suo conto e con il suo consenso, richiamando il Decreto e procedendo al recapito “in cassetta”. Questa procedura non può essere applicata a contrassegni e patenti, in quanto il portalettere non è autorizzato a prendere denaro. In questi casi lasciamo l’avviso per il ritiro in ufficio postale».

E nella vostra sede di lavoro?
«Sempre nel rispetto del Dpcm del 17 marzo, anche nel nostro Centro di Centi Colella l’orario di lavoro è stato suddiviso in tre turni per garantire la distanza di sicurezza dei dipendenti ed evitare assembramenti. Naturalmente siamo tutti dotati degli idonei dispositivi di protezione individuale, al fine di proteggere noi stessi e l’utenza».

In servizio all’Aquila anche nel 2009, durante i drammatici giorni del terremoto. Un parallelo con quell’esperienza?
«Percorrendo le stesse strade e gli stessi vicoli un elemento in comune è sicuramente l’assordante silenzio. Anche oggi, come allora, incontro soltanto forze dell’ordine e volontari. Nel 2009 il pericolo era rappresentato dagli edifici pericolanti e per lo più disabitati, oggi finalmente quasi tutti gli edifici sono ricostruiti. Il nemico però è invisibile. Ma come nel 2009, anche oggi, abbiamo alla guida un direttore, Corrado Romano, capace di applicare le regole e di trasmetterci sicurezza».

Un episodio in particolare di questi giorni?
«A Montereale, nella canonica, quando ho consegnato a don Serafino un pacco contenente il materiale per lo svolgimento della Santa Messa. Ho visto nei suoi occhi la commozione e la consapevolezza che quel materiale sarebbe rimasto inutilizzato dai suoi fedeli, impossibilitati a partecipare alle funzioni religiose. La sua commozione è stata anche la mia».

Sabrina Giangrande
 
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