«Ricordo un Natale sotto le bombe, ma ho più paura del coronavirus»

Corrado Galantini «Ricordo un Natale sotto le bombe, ma ho più paura del coronavirus»
Corrado Galantini «Ricordo un Natale sotto le bombe, ma ho più paura del coronavirus»
di Francesco Marcozzi
Giovedì 17 Dicembre 2020, 10:38
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 «Cadevano le bombe in quel Natale che ricordo con tanta paura ma oggi mi fa più paura la pandemia. Pensiamo soprattutto alla salute poi il resto si aggiusta. Come è successo dopo la guerra». A parlare così è Corrado Galantini, ex pescatore giuliese di 86 anni, di Giulianova, lui che la guerra l’ha vissuta da bambino, uno di dieci rampolli di una famiglia di contadini. «Eravamo sfollati a Tortoreto - ricorda - e i miei uscivano nei campi al mattino e tornavano a sera. La casa era fredda con il tetto fatto di coppi e travi in legno dove entrava il Natale con tutto il suo freddo. C’era poco da mangiare e alcune volte sono passati i tedeschi e gli abbiamo dovuto dare quello che volevano, uova, polli, galline qualche salume e ci lasciavano senza. Ricordo che anche noi scrivevamo letterine di Natale e io, come gli altri miei fratelli (due, purtroppo, morirono, ndr) la mettevano sotto il piatto. I genitori la leggevano e il nostro grande premio era un arancio per ciascuno, era una grande gioia, ma dovevamo dividerli tra di noi».

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Qual è la differenza con il Natale di oggi? «Beh oggi abbiamo tutto, la casa con i tetti veri, il bagno vero mentre allora c’erano i gabinetti con il tetto di paglia e quando pioveva non ti dico. Ma eravamo tenuti in vita dalla speranza che la guerra sarebbe finita, che le bombe non sarebbero più cadute vicino a casa nostra, che saremmo tornati alla vita normale. Oggi c’è molta paura in giro, la gente non esce, noi anziani non siamo tutelati, come possiamo sentirci quando a volte dicono che non necessario che ci vacciniamo noi ma i giovani? Sarà pure giusto, ma questo ci mette tanta paura.

Ed allora speriamo di riscaldarci in famiglia e non possiamo nemmeno stare con tutti i figli e le famiglie mentre prima tutti insieme ci facevamo forza l’uno con l’altro e ci stringevamo durante gli attacchi aerei. E i dolci, oggi ci sono ancora quelli della tradizione teramana come i calcio netti ma mia madre li faceva addirittura con i ceci e li mangiavano attorno al camino e non ci accorgevamo che qualcuno si intossicava tanto è vero che quelli che lavoravano la terra stavano ai primi posti per riscaldarsi i piedi rovinati dall’umidità della terra dei campi e noi più piccoli dietro, quasi lontano dal fuoco».

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Questa esperienza, allora, che cosa ti ha insegnato? «Che dobbiamo pensare soprattutto alla salute, io sento dire che l’economia va male, che molti aziende non riapriranno, che saranno persi posi di lavoro, eravamo convinti lo stesso durante la guerra, ma pensavamo a salvaci. Oggi credo sia la stessa cosa, innanzitutto non ammaliamoci, aspettiamo il vaccino e anche oggi come dopo la guerra, tutti rinasceremo assieme». Oggi ha un cruccio Galantini, che ancora aggiusta le reti da pesca delle imbarcazioni. «Ci hanno vietato di stendere le reti sul lungomare prima e sulla banchina di riva dopo, ma noi abbiamo bisogno di spazi per ripararle come abbiamo sempre fatto. Speriamo che la Guardia costiera ci ripensi».
 

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