Uccise Jennifer con 17 coltellate: la Cassazione annulla la condanna

Uccise Jennifer con 17 coltellate: la Cassazione annulla la condanna
di Stefano Buda
Sabato 19 Settembre 2020, 11:54 - Ultimo agg. 12:47
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PESCARA - Doccia gelata per i familiari di Jennifer Sterlecchini. La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio, in riferimento all'aggravante dei futili motivi, la sentenza di condanna a 30 anni di carcere a carico di Davide Troilo, l'uomo di 36 anni che il 2 dicembre del 2016 uccise a Pescara, con 17 coltellate, l'ex fidanzata 26enne.

L'omicida, reo confesso, era stato condannato in primo grado, con sentenza confermata in appello, per omicidio volontario aggravato dai futili motivi. Il suo legale, Giancarlo De Marco, ha presentato ricorso in Cassazione contro il riconoscimento dell'aggravante, ma anche per contestare la mancata concessione delle attenuanti generiche e il mancato accoglimento della richiesta di una nuova perizia psichiatrica.

La notizia è filtrata ieri in tarda serata e per il momento l'unica certezza è che il caso finirà all'attenzione della Corte d'Assise d'Appello di Perugia. Occorrerà leggere il dispositivo per comprendere meglio il perimetro entro il quale dovranno muoversi i giudici umbri.

«Potrebbe essere stata esclusa l'aggravante - ipotizza l'avvocato De Marco - e in questo caso si dovrà solo rideterminare la pena che, considerato il rito abbreviato, non dovrebbe superare 16 anni. Potrebbe però anche essere chiesta una nuova valutazione - prosegue il legale - ossia se l'aggravante sussista o meno».

La vicenda
L'omicidio si consumò all'interno di una casa di via dell'Acquatorbida, nella quale la coppia aveva convissuto per un breve periodo. Jennifer, in seguito alla rottura del rapporto, si recò nell'abitazione per recuperare alcune cose. Quel giorno fu accompagnata dalla madre e da un'amica di quest'ultima. Le due donne attesero inutilmente, all'esterno dell'edificio, che Jennifer facesse ritorno. Troilo infatti chiuse a chiave la porta di casa e affondò 17 volte la lama di un coltello sul corpo dell'ex fidanzata. Questa la ricostruzione dei fatti, rispetto alla quale la difesa di Troilo non ha mai avanzato particolari obiezioni. De Marco ha contestato invece il movente del delitto, che ha comportato il riconoscimento della sussistenza dei futili motivi. Secondo il legale sarebbe stato addirittura violato il diritto di difesa e di contraddittorio, in quanto al suo assistito era stato inizialmente contestato di avere agito sulla spinta del risentimento per la fine della relazione, mentre i giudici lo hanno condannato per un delitto d'impeto conseguente ad una lite scaturita dalla mancata restituzione di un tablet. Lite rispetto alla quale, a giudizio del legale, non esisterebbe certezza probatoria. «E' stato riconosciuto ciò che abbiamo sempre sostenuto - commenta l'avvocato De Marco -. E' giusto che Troilo paghi per quello che ha fatto, ma alla pena giusta».

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