In cucina con Ugo Tognazzi: riscoperte le ricette inventate dal “cuoco prestato al cinema”

In cucina con Ugo Tognazzi: riscoperte le ricette inventate dal “cuoco prestato al cinema”
di Alessandra Iannello
Lunedì 31 Dicembre 2018, 00:39
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“E mi sento vivo davanti a un tegame. L'olio che soffrigge è una musica per le mie orecchie. Il profumo di un buon ragù l'adoprerei anche come dopo barba. Un piatto di fettuccine intrecciate o una oblunga forma d'arrosto, per me sono sculture vitali, degne d'un Moore”.
 
 


Con queste parole, succulente come un piatto ben condito, Ugo Tognazzi raccontava il suo amore per la cucina. Lui amava definirsi “cuoco prestato al cinema” e, come tale, elaborava nuove ricette che poi testava su amici e familiari riuniti in quello che lui chiamava “Cenacolo”, ovvero la sala da pranzo della sua casa di Velletri. Tante delle sue ricette sono state pubblicate in quattro libri che alternano indicazioni di cucina con aneddoti di vita e carriera.

Ma il vero scrigno dei segreti di Tognazzi è un ricettario scritto a mano e gelosamente custodito dalla famiglia, almeno fino a oggi. Infatti Danilo Pelliccia, chef del Dù Cesari di Torino e grande amico di GianMarco Tognazzi, ha ripreso e rivisitato alcune ricette del grande Ugo. «Il progetto – spiega Pelliccia - nasce a tavola. GianMarco e io stavamo cenando quando io gli dissi “mi piacerebbe mettere in menù le ricette di papà”. Immediatamente lui mi rispose “è una bellissima idea!”».

Nasce così, in occasione del festival del cinema di Torino, il “numero zero” di una serie di appuntamenti che si terranno in giro per l’Italia nelle città legate al cinema (Roma, Venezia, Taormina) o che in qualche modo sono state care a Tognazzi. Per la “prima” torinese Danilo è stato affiancato dallo chef Nicola Di Tarsia, resident del Tor.Na. «Per questo primo appuntamento con la cucina di Ugo – continua Pelliccia - ho cercato di riprendere le ricette che potessero essere un tributo a Roma, la mia città natale, e a Torino, quella di adozione. Per le prossime tappe elaborerò altre ricette a seconda della città e della location che mi ospiterà».

Omaggio a Torino è il “carpaccio a modo mio” che Ugo aveva pensato semplicemente accompagnato da sedano e carote e che lo chef Danilo ha rivisto cuocendo a bassa temperatura per 12 ore la vitella e guarnendola con uovo marinato al tartufo. L’altro antipasto elaborato dal duo degli chef è prettamente romano: carciofi alla romana e animelle. Il classico romanesco che vede le animelle saltate in padella si è trasformato in un piatto gourmet con carciofi alla romana stufati con la mentuccia ripieni di crema di pecorino e contornati da animelle. Nella rivisitazione non poteva mancare il “risotto al nero di seppia”, protagonista anche della sua canzone “Risotto amaro” e che lo chef Danilo ha riproposto cuocendolo nell’acqua di pecorino con nero di seppia e polvere di limone. E per secondo “maialino cotto al fieno” versione gourmet del classico maiale al forno con patate. 

«Ho cotto lo stinco di maiale a bassa temperatura – prosegue Danilo -  sottovuoto con aromi per 12 ore. Il giorno dopo l’ho disossato e con la polpa ho fatto un rotolo che è stato tagliato a rondelle. Queste sono poi state passate al forno con riduzione di sugo d’arrosto e patate alla Checca». Per seguire la tradizione di Tognazzi, che amava dare nomi goliardici ai piatti, chef Pelliccia ha “battezzato” alla Checca la patata lessata arricchita di confit di pomodori. Arrivati al dolce ecco il “babà alla puttanesca”. Qui gli chef hanno giocato sugli effetti cromatici di un babà al rum con salsa di peperoncino e cioccolato fondente che riprende i colori della famosa pasta romanesca. Un dolce tributo a Tognazzi che amava molto questo primo piatto.


Come vini non potevano mancare le etichette della Tognazza, l’azienda di famiglia tanto amata da Ugo e oggi gestita dal figlio Gianmarco insieme ad Alessandro Capria, dai nomi presi dalle battute del film Amici Miei: “Come se fosse”, “Antani” e “Tapioco”.
«Nel menù del Dù Cesari – conclude lo chef - non metterò questi piatti perché sono troppo elaborati. Io mi definisco il custode della cucina romana e queste ricette sono troppo elaborate per i miei avventori. Di sicuro però li rifarò in forma “trattoria” per il mio locale».
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