Elefante pigmeo ucciso da 70 colpi di pistola: ma a sparare non sono stati i bracconieri

L'elefante pigmeo trucidato con 70 colpi di pistola (immagine pubblicata da New Straits Times)
L'elefante pigmeo trucidato con 70 colpi di pistola (immagine pubblicata da New Straits Times)
di Remo Sabatini
Giovedì 3 Ottobre 2019, 17:30
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Il ritrovamento del povero animale era avvenuto qualche giorno fa grazie ad un pescatore locale che aveva notato una grossa carcassa in un fiume che insiste nell'area di Kalabakan, nello stato di Sabah a nord di Labuan, in Malesia. Quella carcassa era un elefante pigmeo del Borneo che, chissà per quale ragione, era finito nel fiume. Una volta recuperato l'animale da parte delle autorità, si era immediatamente capito che quella morte non era stata dovuta a cause naturali o ad un incidente e subito, si era pensato all'opera di qualche bracconiere della zona. Il taglio delle zanne subito dal pachiderma, non poteva che confermare quanto ipotizzato.

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E invece, le successive analisi della carcassa, avevano evidenziato anche altro. Quell'elefante era stato colpito da ben 70 colpi di pistola, uno dei quali, alla tempia, doveva averlo finito. Perchè era stata usata una pistola invece del classico fucile? E poi, quella terribile esecuzione che aveva inorridito per la crudeltà manifestata dagli autori del gesto, rappresentava una macabra novità che avrebbe indicato una via nuova da seguire che avrebbe portato ad una svolta decisiva delle indagini. Sì, perchè è notizia di queste ore, ad uccidere l'elefante, non erano stati i bracconieri o qualche cacciatore in vena di follie, ma le guardie.

Due guardie che, come riportato dal New Straits Times, avevano sparato per allontanare l'elefante dalle piantagioni che insistono nell'area. Una volta ferito e poi finalmente ucciso, i due avrebbero legato l'animale per poter segare con tutta tranquillità le zanne. Elemento, quest'ultimo, che si sarebbe rivelato fondamentale per la polizia che, a seguito di diversi arresti, è finalmente riuscita a risalire ai colpevoli che, ora, dovranno rispondere del loro crimine.

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